Marco Belpoliti, La Stampa 11/4/2011, 11 aprile 2011
TUTTI IN RIGA, PAROLA DI STILISTA
Sono tornate le righe. Sulle passerelle degli stilisti e, tra qualche settimana, anche nelle vetrine dei negozi. Le righe vanno e vengono da decenni alimentando un mito, quello della trasgressione.
Così le presentano i giornali di moda e i blog specializzati: le righe super colorate di Prada e quelle di Jil Sander, le righe modello circo di Junka Watanabe e le rigature di Celiné, fino alle strisce definite funamboliche di Missoni e Versace. Scrivono che le righe sono spericolate, rivoluzionarie, che si oppongono ai cliché del passato. Falso.
Le righe sono un elemento che da tempo la moda ha fatto proprio e, a cicli alternati, come ci ha spiegato Roland Barthes, ci ripropone con l’intenzione, non troppo nascosta, di farci provare l’ebbrezza dell’infrazione. Le rigature hanno rappresentato nel passato un rilievo così forte, scrive Michel Pastoureau, storico della percezione, in La stoffa del diavolo (il Melangolo), che dal punto di vista visivo, alla fine del Medioevo, la separazione fra buona e cattiva riga appariva già sfuggente. Da una parte le righe «buone» dei marinai, bambini, bagnanti, sportivi, clown; e dall’altra le righe del Diavolo di folli, boia, prigionieri e criminali.
Durante la Belle Epoque negli ambienti dell’avanguardia era apparsa una rigatura detta canaille, arrivata sino al XX secolo, che implicava colori chiassosi e larghe righe orizzontali; si tratta di una decorazione insieme provocante, inquietante e parodica. Confonde, dice Pastoureau, messa a confronto con le rigature più normalizzate dei forzati, dei marinai e degli atleti. Picasso si è ispirato a queste rigature, non solo per la sua maglietta a strisce azzurro-blu su campo bianco, indossata nelle fotografie degli anni Cinquanta, ma anche per buttar lì una frase: per fare buona pittura bisogna «zebrarsi il culo». Sarebbe stata pronunciata durante una visita in grande magazzino, alla presenza del padre di Pastoureau, dove Picasso stizzito cercava una maglia a righe verticale. Uscì dal magazzino senza trovarla. Oggi non avrebbe difficoltà a comprarla. La riga giusta è a portata di mano, basta aprire il portafoglio. La trasgressione è finita, il conformismo ha vinto. Le strisce orizzontali, o verticali che siano, nelle mani degli stilisti sono ora parte del nostro quotidiano ritorno all’ordine. Tutti in riga.