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 2011  aprile 11 Lunedì calendario

IL GRANDE AFFARE DEI FARMACI DA BANCO MOVENTE ECONOMICO DIETRO L’ESECUZIONE


ROMA - C’è il grande affare dei farmaci da banco dietro il delitto di Roberto Ceccarelli, almeno a sentire l’anziano vagabondo due sere fa si è autoaccusato dell’omicidio. L’uomo, settant’anni e una macchina come abitazione, ha provato ad attribuirsi quello che potrebbe essere un delitto d’impeto. Con il suo avvocato, Pietro Mirto Randazzo, ha raccontato che da circa un anno e mezzo era praticamente la testa di legno che Ceccarelli utilizzava per amministrare la sua attività nel settore delle parafarmacie, cioè i negozi di medicinali da banco, per i quali non è richiesta prescrizione medica. Era amministratore unico di alcune società intestatarie di altrettanti negozi, eppure non aveva ancora percepito alcun reddito. L’unico movente, dunque, sarebbe quello della disperazione.
Nel lungo verbale, il settantenne ha raccontato la sua vita: pensionato, un’automobile come tetto, stanco di vivere alla giornata. Aveva accettato quel mestiere di prestanome per avere un’esistenza più dignitosa. Roberto Ceccarelli lo avrebbe conosciuto circa un anno e mezzo fa e, da quel momento, sarebbero diventati soci in affari. Pochi incontri per firmare la documentazione necessaria e poi Ceccarelli gli avrebbe affidato essenzialmente due incarichi: firmare assegni e ritirare soldi. Ma dello stipendio che l’imprenditore gli aveva promesso in un anno e mezzo, l’anziano P.A. non avrebbe mai visto l’ombra.
Così la sera dell’omicidio era deciso ad incontrare Ceccarelli per ottenere almeno una parte del denaro che gli spettava. Ad aspettarlo in via Oslavia c’erano però altre due persone. Ceccarelli, secondo il racconto di P.A., avrebbe parlato prima con loro e poi con lui. Il settantenne gli avrebbe chiesto i soldi e all’ennesimo rifiuto avrebbe tirato fuori la pistola e premuto il grilletto. Agli inquirenti avrebbe detto di non aver avuto nemmeno il coraggio di voltarsi per guardare il corpo dell’uomo riverso a terra. Quella pistola l’aveva portata solo per difendersi, non avrebbe voluto sparare. Così, è scappato via, a piedi, di corsa.
Ha raggiunto il Tevere e lì si è liberato dell’arma del delitto. Nel fiume avrebbe gettato anche la sua carta d’identità e il telefono cellulare. Poi, sarebbe andato alla stazione, avrebbe acquistato un biglietto per Formia, ma senza salire sul treno. Ha raccontato di aver vagato tutta la notte, fino al mattino seguente. Poi all’ora di pranzo di sabato, ancora con gli abiti indossati la sera dell’omicidio, si è presentato dall’avvocato Pietro Mirto Randazzo che, dopo aver ascoltato il suo racconto, gli ha consigliato di costituirsi. Questo il suo racconto. Al quale però gli investigatori hanno deciso di non credere fino in fondo, fino all’epilogo della scorsa notte.

Isabella Faggiano