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 2011  aprile 12 Martedì calendario

SARKOZY, IL GENDARME "LENTO" FRENATO DALL´ORGOGLIO AFRICANO

Nelle primissime ore dopo l´arresto di Laurent Gbagbo la grande domanda è stata chi l´avesse catturato: i soldati di Alassane Ouattara, il presidente riconosciuto dalla comunità internazionale? I caschi blu dell´Unoci, la missione delle Nazioni Unite? O gli uomini della forza Licorne, il contingente francese che ha il mandato di dare man forte all´Onu ma agisce sotto un comando autonomo?
La risposta ha grande rilevanza politica immediata. Un ruolo primario dei francesi rafforzerebbe l´argomento dei sostenitori di Gbagbo, che considerano la sua sconfitta nient´altro che l´esito di un «complotto neocoloniale». Proprio per questo egli è comunque adesso nelle mani di Ouattara, il legittimo capo di Stato della Costa d´Avorio. Ma quando le acque si saranno almeno un po´ placate, la questione perderà rilevanza. Nello scioglimento della crisi ivoriana, un dualismo di potere che durava dallo scorso novembre - un presidente eletto che governava da un albergo e uno sconfitto che rifiutava di andarsene -, la Francia ha giocato un ruolo decisivo. Tanto sul piano diplomatico che su quello militare. Poco importa se nel momento finale la Licorne sia stata in prima linea oppure defilata. Senza i francesi, Laurent Gbagbo starebbe probabilmente ancora rintanato nel suo bunker.
Viene da chiedersi, semmai, perché ci sia voluto tanto tempo. Perché, con la comunità internazionale compatta a sostegno di Ouattara, lo stallo sia durato quattro mesi. Nel lento disporsi delle forze rivali prima dello scacco matto di ieri, la popolazione della Costa d´Avorio ha sofferto moltissimo e la catastrofe umanitaria in corso non è certo risolta. Gli sfollati sono centinaia di migliaia. L´economia è paralizzata, l´emergenza alimentare al momento ingestibile. Stando a testimonianze non ancora definitivamente confermate, entrambi i campi si sono resi responsabili di massacri costati centinaia di morti. Il Tribunale penale internazionale sta indagando. Tutto questo si sarebbe forse evitato con un´azione tempestiva.
Considerati da lontano, i tempi del dramma appaiono scanditi dall´orologio francese: l´interventismo del presidente Sarkozy per risalire la china dei sondaggi; l´intenzione di non apparire unilaterali, colpendo in Libia mentre si restava inattivi altrove. Ma numerose fonti diplomatiche europee e africane concordano nell´affermare invece che per tutti questi mesi la chiave è sempre rimasta in Africa. Fosse dipeso soltanto dall´Eliseo, l´intervento armato contro Gbagbo sarebbe stato questione di giorni. C´era bisogno però, se non di un consenso, di una copertura africana: per ottenerla sono occorsi mesi. A parte l´Angola, che ha sempre sostenuto l´ex presidente ivoriano ma negli ultimi tempi soltanto a parole, il vero osso duro è stato il Sudafrica. Un po´ per non concedere a nessuna potenza straniera il bastone di gendarme continentale; un po´ per non ammettere troppo presto il fallimento della mediazione di Thabo Mbeki, che andò ad Abidjan ai primi di novembre, fece la spola tra i due contendenti e non ne ottenne nulla; un po´ per difendere il ruolo del presidente Zuma, messo dall´Unione africana a capo dello speciale panel sulla Costa d´Avorio: per tutti questi motivi il Sudafrica ha dato a lungo l´altolà ai francesi. Fino alla visita ufficiale di Zuma a Parigi il 2 di marzo. Lì, nei colloqui riservati all´Eliseo, la situazione si è sbloccata.
Dopodiché c´è voluto un altro mese per consentire alle forze di Ouattara, dislocate nel nord e nell´ovest del Paese, di raggiungere Abidjan. Macchiandosi a quanto pare, nella loro lenta marcia di avvicinamento, di orrendi crimini contro la popolazione civile considerata, per ragioni etniche, fedele a Gbagbo.
Sarebbero state dunque le lungaggini della diplomazia africana a lasciare la Costa d´Avorio, per quattro mesi, con un presidente di troppo. Tuttavia, dietro la domanda sui tempi di questa crisi se ne annida un´altra dalla risposta ancor più difficile: perché la Francia l´avesse giurata a Laurent Gbagbo. La Francia moderata, bisogna precisare, perché Gbagbo fu un amicone delle sinistre francesi e dei governi socialisti; tanto quanto ha avuto sempre nemici Jacques Chirac e il suo attuale successore. Domanda interessante; ma questa è un´altra storia.