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 2011  aprile 11 Lunedì calendario

L’EUROPA ARBITRO DELL’HITECH USA


La Microsoft torna sui banchi dell’autorità per la Concorrenza della Commissione europea. Questa volta, però, veste i panni dell’accusatore: ha infatti presentato un’articolata denuncia nei confronti del rivale Google, colpevole, a detta della compagnia, di abuso di posizione dominante.
Più precisamente, Microsoft ha accusato Google di aver utilizzato "espedienti tecnici" per evitare ai competitori di indicizzare sui loro motori di ricerca i contenuti dei servizi web di Mountain View, come Youtube e GoogleBooks. E in qualche caso si sarebbe spinta fino a vietare contrattualmente, ai molti siti che pubblicano la casella di ricerca Google, di fornire "search box" di altre aziende.
Le accuse di Microsoft non sono per Google un fulmine a ciel sereno. Già da novembre 2010 la Commissione aveva fatto sapere di avere iniziato ad indagare sul motore di ricerca, che detiene circa il 95% del mercato europeo, in seguito alle denunce sporte da alcune società rivali. Google non si è detta sorpresa neanche dal fatto che Redmond abbia deciso di far sentire il suo peso nella vicenda. Anche perché, tra gli accusatori originali – sottolineano da Mountain View figura Ciao, un servizio web di comparazione dei prezzi posseduto da Microsoft. E del resto, Google è sotto accusa per abuso di posizione dominante anche negli Stati Uniti e in molti dei paesi della Comunità Europea.
Anche perché la partita a scacchi tra i giganti dell’IT – e non solo loro – si gioca sempre più spesso nelle aule dei tribunali, dove si disputano brevetti e proprietà intellettuali, e presso le autorità garanti della concorrenza americana ed europea. In particolare presso quello Ue, che spesso è percepito come più aperto alle ragioni degli accusatori, visto anche l’ammorbidimento di quello Usa sotto l’amministrazione Bush.
Ma anche successivamente la Commissione Europea si è mostrata più minuziosa: e se gli Usa hanno dato via libera all’acquisizione di Sun da parte di Oracle appena quattro mesi dopo l’annuncio dell’operazione, l’allora Commissaria europea alla Concorrenza Neelie Kroes ha optato per condurre indagine più approfondite. Dando il parere – positivo – solo a fine gennaio 2010. Similmente è accaduto nel 2001, quando il commissario Ue alla Concorrenza Mario Monti ha bloccato il merger di General Electric e Honeywell, che pure era stato approvato dalle controparti Usa. La diversità fra l’approccio europeo ed americano aveva suscitato polemiche dall’amministrazione Bush, per bocca dell’allora ambasciatore Usa alla Ue, David Grey. Anche perché si sospettava che fosse questa differenza la ragione principale dietro al sempre più frequente il ricorso al garante Ue di società americane contro loro connazionali. Il problema è tuttora attuale, con il cambio di amministrazione, anzi il governo Obama è visto come ancora più rigido in tema antitrust. «L’Europa è sempre più spesso vista dalle aziende americane come il forum dove rivolgersi per intralciare le rivali», spiega Dennis Oswell, fondatore di Oswell & Vahida, uno dei più grandi studi legali specializzati in antitrust di Bruxelles. «Magari con accuse questionabili, mirate solo ad intralciare e, in un certo senso, diffamare il competitore».
In effetti alcuni dei procedimenti antitrust di più alto profilo portati avanti dalla Commissione Europea riguardano società americane che si accusano l’un l’altre, prolungando presso il garante la competizione. Il famoso caso contro la Coca Cola, iniziato sotto la guida di Mario Monti e conclusosi nel 2004, era stato scatenato da una denuncia di PepsiCo. Il ricorso all’Europa è invocato più spesso ancora dalle aziende che operano nell’ambito dell’It. È stata Novell nel 1993 a dare il via al procedimento contro Microsoft, che è finito con il pagamento da parte della compagnia di Bill Gates di varie multe per il valore di più di 2 milioni di euro.
Microsoft è finita sotto indagine anche nel 2007, a causa delle lamentele della produttrice di browser europea Opera e dell’americana Mozilla. A cui, nel 2009, si sono aggiunte Google, che aveva lanciato il suo browser Chrome, e anche IBM, Oracle, Corel, Sun e Adobe. Nello stesso periodo, la californiana AMD, eterna seconda del mercato dei microprocessori, ha portato sui banchi della Commissione Intel, accusata di praticare una politica dei prezzi, a base di sconti e regali, per convincere i produttori di computer a non passare alla concorrenza. La vicenda è finita con la multa record, comminata nel 2009, di più di un miliardo di euro per il leader dei chip. Attualmente, oltre a Google, è sotto indagine anche IBM. Denunciata per abuso di posizione dominante nel mercato dei computer mainframe proprio da Microsoft, attraverso la sua partecipata T3. E pure Apple, a breve, potrebbe seguire la stessa sorte: le autorità antitrust – in questo caso anche quella statunitense – hanno iniziato a indagare sul nuovo servizio di sottoscrizione a pagamento della mela, su input dell’americana Rhapsody. Lo scontro tra Microsoft e Google, però, sembra aver portato la strategia dell’antitrust a un livello superiore. La Microsoft, infatti, ha creato e attivamente finanzia a Bruxelles l’IComp: un gruppo di lobbying , il cui unico trustee è l’azienda di Redmond, che promuove norme per la competizione online presso il parlamento europeo. Ma che è spesso accusato, anche da Google stessa, di essere il braccio legale attraverso cui Microsoft può denunciare presso l’antitrust europeo il motore di ricerca.