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 2011  aprile 10 Domenica calendario

LA DONNA CHE SFIDÒ IL MONDO SU DUE RUOTE

Il 25 giugno 1894, una minuta brunetta di 23 anni, occhi grandi e bocca volitiva, annunciava un’impresa senza precedenti. Madre lavoratrice di 3 figli e moglie d’un ambulante, se ne stava a cavalcioni di una bici dell’epoca – 19 chili di leggerezza – vestita di tutto punto. Proclamava che sarebbe stata la prima donna a fare il giro del mondo su due ruote, partendo quel giorno stesso.

Quindici mesi al massimo, senza un soldo e senza accettare nulla gratuitamente, sarebbe dovuta tornare con 5mila dollari: così voleva una scommessa da 10mila dollari fatta da due ricchi mercanti di zucchero. Se vinceva la sfida, lei ne avrebbe guadagnati altrettanti. «Le donne devono avere le stesse opportunità degli uomini» sentenziò un’amica alla folla di Boston, mentre il capo di un circolo femminile si augurò «che diffondesse costumi più decorsi tra i beduini e le nazioni più remote della terra». Trionfante, la ciclista (dilettante) sfoggiava un’oceanica gonna nera, giacca con maniche a gigot, camicetta avvitata con papillon. Con lei aveva solo un cambio di biancheria e un revolver col calcio di madreperla. Baciò le amiche, domandò se il cappello fosse a posto, e partì.

Il suo nome era Annie Kopchovsky, ma tutti la conobbero come miss Londonderry, dal marchio di un’acqua minerale. La scandalosa fanciulla, che viaggiava senza marito e lo faceva per denaro, fama e libertà personale s’era venduta il nome. Al suo passaggio un giornale di Buffalo scrisse «Miss Londonderry ha solo 23 anni e con la sua tenuta da ciclista ha un aspetto molto attraente. È una sorta di agenzia pubblicitaria ambulante. Riceverà 400 dollari per una réclame che abbellirà il suo seno sinistro. Sulla gamba destra porta pubblicità per un valore di 100 dollari, e ha appena chiuso un contratto per coprire il braccio sinistro. Dice che anche la sua schiena è in affitto, e spera di ricavarne 300 dollari». Fu probabilmente il primo caso in cui un’atleta donna promosse prodotti. D’origine lituana, si occupava della pubblicità per alcuni quotidiani. Abitava nel West End, i «bassifondi» di Boston, «due file di case popolari a tre piani sui lati, una maleodorante striscia di cielo come coperchio», li descriveva Mary Antin. Tra i tanti immigrati di tutta Europa, c’erano molti ebrei come Annie, sfuggiti all’oppressione zarista. «Non volevo trascorrere tutta la vita a casa, con un nuovo bambino sotto il grembiule ogni anno», chiarì. Nel paese, che impazziva per le due ruote, si diffondevano le aspirazioni della «Nuova Donna».

Le notizie delle sue prodezze fecero il giro del globo, battute dal telegrafo di nuova invenzione. Scabrosissima, lungo il tragitto si liberò dei vestiti in eccesso. Sfoltì il gonnellone per una «gonna corta fino alla sommità degli stivaletti». Passò a «scioccanti» pantaloncini a sbuffo e sforbiciò anche pure. Quando Annie non attirava l’attenzione per la sua impresa, lo faceva coi suoi «calzoncini di foggia piuttosto aderente». Raccontò che la gente, nei villaggi di campagna, la fissava come se fosse scappata dal circo. «Mrs. Londonderry ha espresso l’opinione che l’avvento della bicicletta sarà foriero di una riforma positiva dell’abbigliamento femminile» riportò l’«Omaha world herald», e così fu. Così come infiammò il dibattito sul suffragio universale. L’idea vittoriana di femminilità stava per trasformarsi.

Spirito istrionico, affabulatrice nata, maestra nel reinventarsi, attraversò la Francia sollevando l’entusiasmo delle folle. A Marsiglia arrivò con il piede fasciato sul manubrio e l’accolsero migliaia di persone. Via via che pedalava i suoi resoconti però s’ingigantivano e presto risultarono incredibili. «Immaginiamo che abbia esagerato. Alcune donne lo fanno», chiosò un giornale di Singapore. Si beccò dell’imbrogliona.

Ma se l’obiettivo è la fama, non esiste cattiva pubblicità.

Completò il periplo del globo in tempo, tornò i soldi pattuiti. Su due ruote però percorse solo Francia e America, compreso il selvaggio West: il deserto dell’Arizona non era ancora parte della Federazione. Poi girò soprattutto in nave. Fu seconda per notorietà solo alla giornalista Nellie Bly che, nel 1889, 17 anni dopo che Jules Verne pubblicò Il giro del mondo in 80 giorni, lo completò in 72. Ma quella delle imprese femminili è una storia senza memoria. Annie fu dimenticata persino dalla sua famiglia e il pronipote Peter Zheutlin, che ne ha ricostruito l’avventura, venne a conoscenza della portentosa prozia solo per caso. Miss Londonderry fu il simbolo di una generazione che cercava l’uguaglianza dei sessi. Un obiettivo ancora in agenda: ancora oggi, la sua impresa sarebbe considerata anticonformista.