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 2011  aprile 10 Domenica calendario

TUTTE LE PRIME VOLTE DEL GIAPPONE POST-TSUNAMI

Cose mai viste, o quasi: a un mese di distanza dalla catastrofe senza precedenti che ha colpito il Giappone la conta delle conseguenze inedite o inattese fa di questo 2011 un anno che sarà difficile dimenticare, con accostamenti spontanei tra 11 marzo e 11 settembre come date-spartiacque.

La catastrofe dei primati

Il terremoto più spaventoso (magnitudo 9) mai avvenuto nel Paese dei sismi ha provocato danni materiali stimati dal Governo in circa 300 miliardi di dollari, il che lo rende dal punto di vista economico il peggior cataclisma della storia. Il conto esclude le conseguenze del più grave incidente nucleare mai avvenuto dopo quello di Chernobyl. Uno tsunami così disastroso non accadeva dall’anno 869, anche se nel 1896, sempre nella stessa zona, ci furono almeno 22mila morti. L’ultimo bilancio, ancora provvisorio, segnala quasi 13mila e 15mila dispersi.

Yen record

Terremoto anche sui mercati valutari: un contro-intuitivo rally dello yen nei giorni successivi al sisma l’ha portato ai massimi di tutti i tempi sul dollaro, sull’onda di fattori speculativi radicati nelle aspettative di forti rimpatri di capitali.

L’intervento del G7

Non accadeva dal 2000, ma allora si trattò di sostenere il baby-euro nato da poco: il 18 marzo uno dei rarissimi interventi coordinati del G7, su richiesta del governo giapponese, ha avuto successo nel frenare l’ascesa dello yen che rischiava di rendere ancora più difficile la ripresa del Giappone dalla catastrofe. E la Borsa di Tokyo, dopo un crollo di circa il 20%, ha recuperato circa due terzi delle perdite.

L’eccezione Boj

Ormai è diventato chiaro che, a fronte di pressioni rialziste generali sui tassi di interesse, Tokyo resterà a lungo un’eccezione: la Banca centrale del Giappone (Boj) è rimasta l’unica ad avere ancora all’ordine del giorno un ulteriore allentamento nella politica monetaria. Il differenziale crescente tra tassi nipponici e internazionali dovrebbe giocare a sfavore dello yen, ma la speculazione intravede un possibile ritorno al “carry trade” (indebitarsi in yen per investire in asset esteri a maggiori rendimenti).

Lo shock manifatturiero

Altro che zona agricola: il Giappone settentrionale si è rivelato – con le sue aziende altamente specializzate nella componentistica per auto ed elettronica - un centro manifatturiero di prim’ordine in grado di provocare uno tsunami alla catena produttiva globale senza precedenti.

Imprese e consumatori, dall’America all’Europa, ne sentiranno gli effetti almeno fino all’estate.

I dogmi del “just-in-time” sono messi in discussione in parallelo all’atteso calo dei profitti aziendali, non solo in un Giappone avviato verso la recessione.

Lo shock energetico

Moody’s ha dichiarato che i rating delle aziende coinvolte nell’energia nucleare in tutto il mondo saranno condizionati negativamente dall’incidente di Fukushima. Il Giappone dovrà rinunciare al piano per portare dal 29 al 40% la quota di energia generata dall’atomo entro il 2030 e non rispetterà gli impegni internazionali di riduzione delle emissioni nocive. Un po’ dappertutto, la costruzione di nuove centrali sarà ridimensionata e rallentata. Il mondo sarà più caldo: l’effetto serra sembra destinato ad aumentare.

Il doppio allarme

Chi l’avrebbe mai detto: ora sono i cinesi a bloccare l’import di vari alimenti dal Giappone. È un mondo che si rovescia, visto che finora era semmai il cibo cinese a essere considerato di qualità sospetta. Più in generale, il Giappone è diventato, nella percezione globale, insicuro e fattore di insicurezza, anziché il contrario. Fino all’11 marzo si dava per scontato che Tokyo fosse la città più sicura del mondo, dove tutto funziona bene. Adesso è una città in cui alcune ambasciate straniere non sono ancora tornate, mentre i risparmi di energia ne fanno un posto relativamente scomodo. Lo spettacolo del fuggi-fuggi degli stranieri sull’allarme nucleare – a cominciare dai privilegiati, con la lodevole eccezione dell’ambasciata italiana – potrebbe lasciare un segno duraturo.

Il turismo in Giappone era in forte crescita: la sua ripresa sarà lenta e non potrà diventare una delle conclamate “nuove direttrici di crescita” per un’economia in cerca di diversificazione.