Micaela Cappellini, Il Sole 24 Ore 11/4/2011, 11 aprile 2011
LE CINQUE PROMESSE DELL NUOVA AFRICA
Botswana e Namibia. Segnatevi questi nomi. Chi ha uno sguardo di più lungo periodo, aggiunga anche Mauritius, Gabon e Senegal. Perché è in questi Paesi che vanno cercate le prospettive migliori che l’Africa sub-sahariana potrebbe offrire alle imprese italiane. Cinque segnalazioni da un Continente che è ancora tutto una promessa, ma gli esperti concordano: presto o tardi, è indubbio che le sue potenzialità si concretizzeranno.
A sbilanciarsi sui nomi sono gli esperti di Coface, la società di assicurazioni che opera nel settore dei crediti commerciali e che gestisce le garanzie pubbliche all’esportazione per conto dello Stato francese. Una Sace in salsa parigina, per intendersi. Fra tre giorni presenterà a Milano la sua guida annuale sul "Rischio Paese", un punto di riferimento anche al di fuori dei confini patrii per valutare l’affidabilità nei pagamenti delle aziende di tutto il mondo. Al Sole 24 Ore anticipa le considerazioni sul continente del futuro, l’Africa appunto. Tagliando l’interpretazione a misura delle imprese italiane.
I partner più importanti per le esportazioni made in Italy - ci tengono a precisarlo gli esperti del Servizio studi economici di Coface - restano in ogni caso il Sudafrica e la Nigeria, anche se le relazioni economiche con quest’ultima sono tutte sbilanciate sul capitolo energetico. Detto questo, Namibia e Botswana sono ottime candidate a entrare nel radar delle aziende italiane per due motivi. Il primo riguarda strettamente il rating sul rischio paese: la società francese attribuisce valutazioni migliori della media continentale a entrambi gli stati, rispettivamente A3 e A4. In sostanza, un rischio a medio termine abbastanza debole.
Il secondo motivo del loro appeal potenziale è invece legato alla contiguità di questi due stati con il Sudafrica. Non solo dal punto di vista territoriale: Namibia e Botswana sembrano avere caratteristiche simili al Paese leader dell’Africa sub-sahariana per quanto riguarda l’economia e la società. Ciò potrebbe offrire una possibilità di ampliamento del mercato per quelle imprese italiane già operanti in Sudafrica, soprattutto sul versante dei beni strumentali e di quelli intermedi, due campi in cui il nostro export appunto eccelle. La Namibia, in particolare, secondo Coface quest’anno dovrebbe mettere a segno una discreta crescita, trainata dall’attività mineraria - che da sola rappresenta il 10% del Pil - ma anche dall’edilizia, dalle infrastrutture e dallo sviluppo del giacimento di gas offshore di Kudu.
E veniamo alle altre tre promesse del Continente nero: Gabon, Mauritius e Senegal, appunto. I primi due, sostiene Coface, presentano livelli di reddito e sviluppo decisamente superiori alla media dell’Africa sub-sahariana. Il Senegal, invece, è meno sviluppato, ma ha già buoni rapporti commerciali con la Francia e potrebbe rivelare interessanti opportunità in prospettiva, tenendo conto della relativa stabilità politica e dell’interscambio derivante dagli immigrati, numerosi anche in Italia.
Sull’isola di Mauritius, se il turismo nel 2011 risentirà degli strascichi della crisi, l’industria saccarifera beneficerà invece dell’ammodernamento del comparto grazie ai finanziamenti dell’Unione europea; così come la pesca, dove predominano gli interessi del Vecchio continente. Tradizionalmente, gli investimenti esteri nell’industria e nelle costruzioni sono britannici, francesi e sudafricani, anche se i capitali cinesi e quelli indiani stanno aumentando. L’India, in particolare, vuole trasformare l’isola in una destinazione medica regionale.
Le altre fonti di finanziamento dell’isola sono i prestiti della Banca Mondiale e dell’Unione Europea destinati allo sviluppo delle infrastrutture agricole, di trasporto e di ristrutturazione, ma anche i depositi stranieri, attirati dal ruolo di piattaforma finanziaria per l’investimento nella regione e, addirittura, in India. L’anno scorso, inoltre, il Paese ha lanciato l’Economic restructuring and competitiveness programme, che mira in cinque anni a limitare le conseguenze dei problemi della zona euro sulle esportazioni, differenziando il settore turistico e sviluppando le Pmi nell’industria tessile e saccarifera.
La Namibia, infine, ha importanti risorse minerarie legate ai diamanti e all’uranio, e vanta un discreto potenziale turistico. Soprattutto, è un buon importatore di beni strumentali - tra le principali voci dell’export italiano - grazie ai progetti in corso nel campo minerario e nel gas: in agenda ci sono lo sviluppo del giacimento offshore di Kudu e la realizzazione di nuovi impianti legati allo sviluppo delle miniere di uranio.