Rosalba Reggio, Il Sole 24 Ore 11/4/2011, 11 aprile 2011
IL COMMERCIO ELETTRONICO FRENATO DAI LUOGHI COMUNI
Falsi miti e scarsa cultura informatica e digitale. Sono queste le maggiori barriere dell’e-commerce italiano. Una strada, quella del web, di grandi occasioni per le Pmi, da percorrere però nella consapevolezza di vantaggi, svantaggi e del rapporto costi opportunità.
La prima regola da seguire, per chi volesse buttarsi nell’e-business, è abbandonare i luoghi comuni. Come quello dei maggiori costi italiani della logistica. «Si tratta di un falso mito – spiega Riccardo Mangiaracina, responsabile ricerca dell’Osservatorio di eCommerce B2c del Politecnico di Milano –. Il nostro osservatorio ha infatti messo a confronto i costi di spedizione e consegna di Italia, Francia, Uk e Germania. Ebbene, i costi sono molto simili ed è l’Uk che registra quelli più alti. L’altro falso mito è quello che vede gli italiani poco avvezzi al pc: in realtà il numero di navigatori è quasi allineato agli altri Paesi. La differenza rilevante è nel numero di chi acquista: uno su quattro da noi, circa tre su quattro in Uk, Francia e Germania». Se dunque non sono i costi, nè l’avversione alla rete il limite allo sviluppo pieno del settore, quali sono le barriere maggiori? «La scarsità di offerta – conclude Mangiaracina. Basta vedere l’offerta limitata nel grocery o nell’arredamento. Ma il mercato crescerà, lo dimostrano i dati dell’abbigliamento che raccontano una crescita annua del 40% per tre anni consecutivi e l’ingresso di un operatore come Amazon».
Approfittare del mercato globale offerto dalla rete può rappresentare una strada obbligata per le pmi che non sono in grado di accedere direttamente oltreconfine. «I clienti del business to business – spiega Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italiano – stanno cercando fornitori in tutto il mondo, quindi entrare nel web per le Pmi è fondamentale. Certo le difficoltà non mancano: la scarsa preparazione dei manager; la mancanza in alcune imprese dell’informatizzazione di base, fondamentale prima di andare on-line; la gestione della logistica, ben diversa se vendi all’ingrosso o a ogni singolo consumatore. In più bisogna evitare errori. La relazione con il cliente, per esempio, non va mai fatta gestire a terzi. Va coltivata e fatta rendere perché se un cliente è soddisfatto ne porta altri tre, se è insoddisfatto lo comunica ad altri undici».
La lista di cose da non fare è da leggere attentamente come quella di cose da fare. «Il sito non deve essere ego-riferito – spiega Gianluca Borsotti, amministratore delegato di eBit Innovation e padre dell’Osservatorio sull’e-business fatto con Demoskopea –. Chi va nel Web deve offrire non quello che vuole mostrare, ma quello che richiede il mercato. In più, non bisogna cadere nell’errore di preoccuparsi soprattutto dell’estetica e poco della visibilità. Il sito più bello del mondo non serve a niente se nessuno lo visita... Quindi attenzione alle cose fondamentali: essere presenti nei luoghi di discussione, offrire promozioni e sconti, puntare sulla multimedialità nella comunicazione del prodotto, aggiornare i contenuti e ridisegnare il sito ogni tre/quattro anni».
Buone pratiche fondamentali se si considera che ormai sempre più spesso, anche se si compra fisicamente, si verifica sul web la qualità e convenienza del prodotto.
Anche se l’e-commerce cresce con ritmi superiori a quelli del commercio tradizionale – più 14% nel 2010 per il B2c – il settore non ha una normativa "dedicata". «Le norme – spiega Andrea Spedale, presidente di Aicel, l’Associazione italiana commercio elettronico –, sono quelle della vendita a distanza e questo provoca qualche problema. Basti pensare alle nuove regole per i rifiuti elettrici. Se si vende on line un frigorifero, per esempio, il venditore è tenuto a ritirare il vecchio ma è il compratore che è tenuto a consegnarlo. Questo rende difficilmente applicabile la legge. In più c’è un totale disinteresse dei governi alla crescita del settore. I finanziamenti per le imprese stanziati con il bando del 2008 - che prevedevano il rimborso del 50% degli investimenti effettuati - non sono ancora stati distribuiti perché mancano i decreti attuativi».
Dal punto di vista normativo, però, qualcosa si sta muovendo. Una proposta di legge del deputato Raffaello Vignali, infatti, prevede la cancellazione dell’obbligo di fatturazione per il commercio elettronico diretto.