Micaela Cappellini, Il Sole 24 Ore 11/4/2011, 11 aprile 2011
UNDER 40 E AMANTI DELLO SHOPPING I SEGRETI PER CONQUISTARE I CINESI
Shao Jin ha 28 anni, è sposata e vive a Shanghai. Non ha figli, e con un reddito annuo di 150mila renminbi - poco più di 16mila euro in verità, ma abbastanza per essere classe media in Cina – anche nel 2010 si è potuta permettere un paio di viaggi all’estero. L’ultima volta Jin è stata in Corea del Sud. Pacchetto da quattro giorni, tre notti e ben 1.600 euro spesi. Il 68% dei quali interamente dedicati allo shopping. Si è portata avanti con i regali di compleanno dei suoi amici, ha comprato diversi souvenir per sé e ha anche acquistato tutto quello che i suoi familiari le avevano chiesto di procurare loro. Era partita con la lista nella borsetta.
Jin incarna almeno due delle caratteristiche tipiche del viaggiatore cinese di oggi: ha meno di 40 anni e in cima alla lista delle sue priorità non mette i monumenti, ma lo shopping. Per conoscere il resto dell’identikit, basta sfogliare l’ultimo report degli analisti di Boston Consulting Group: "Taking Off - Travel and tourism in China and beyond". Ovvero: come intercettare per tempo il turismo cinese che sta, letteralmente, esplodendo.
Le stime parlano chiaro. I viaggiatori da Pechino e dintorni già oggi valgono 160 miliardi di euro, ma nel 2013 - cioè tra meno di due anni - sorpasseranno per numero i giapponesi è diventeranno il secondo più grande bacino di turisti al mondo. Un mercato che nel 2020 varrà 3.900 miliardi di renminbi (circa 420 miliardi di euro), con un tasso medio di crescita, da qui ad allora, del 16 per cento.
Fatti i conti, e vista la convenienza, resta però da capire chi sono e che esigenze abbiano, questi nuovi viaggiatori dell’ex Celeste Impero. Chi prima se ne accorgerà, più grossa sarà la sua fetta d’affari: perché ad oggi, sostengono gli analisti del Boston Consulting Group, in pochi si sono preoccupati di confezionare offerte adatte alle peculiarità dei cinesi.
Pare siano molte, le differenze, rispetto ai viaggiatori occidentali. Il fattore età, innanzi tutto, che non è da sottovalutare. In Europa e negli Usa, si sa, chi si sposta di più, e ha il più alto budget a disposizione, normalmente non è giovanissimo e viaggia con la famiglia al seguito. I tour operator ne tengono conto, nei loro pacchetti. In Cina invece i più ricchi sono i venti-trentenni e viaggiano con gli amici, non con i figli. Perché non proporre allora di alloggiare in grandi ville, anziché in albergo? In questo modo la comitiva può stare insieme. Il tutto tenendo presente un’altra regola d’oro: in media, per un cinese una stanza d’albergo non è un’esperienza dei sensi, è solo un posto dove dormire.
Boston Consulting ha chiesto a un panel di cinesi quale fosse l’hotel migliore in cui avevano soggiornato in Cina: i grandi brand internazionali del settore sono quelli che hanno registrato il punteggio peggiore.
A Pechino e a Shanghai ci si sposta quasi sempre in treno o in autobus: i pacchetti con auto a noleggio non fanno dunque per questi viaggiatori. Sull’aereo sarebbero anche disposti a pagare di più per i servizi premium, purché si tratti di accesso alle sale Vip, extra-bagagli o trasporto di quest’ultimi direttamente in albergo, saltando completamente la trafila del nastro trasportatore e dei controlli. Senza contare il problema dei visti, le cui lungaggini possono arrivare a essere disincentivanti se hai in tasca un passaporto cinese.
I monumenti? Meglio se legati alla storia dell’Impero di mezzo: in Inghilterra, tra i luoghi più visitati dai cinesi, c’è il salice del King’s College di Cambridge, protagonista di un antico poema mandarino. Per questi viaggiatori, la vera Mecca sono i negozi: è lo shopping la parte del viaggio che pianificano con più cura, prima di partire. Si documentano online, così come online preferiscono prenotare i pacchetti. Meglio ancora quando sono last minute. La catena alberghiera cinese 7 Days Inn deve la sua crescita annuale del 140% degli ultimi cinque anni al fatto di avere le camere prenotabili solo su internet.
Tra chi viaggia in Europa o negli Stati Uniti, infine, le lamentele più diffuse riguardano le questioni linguistiche e culturali. Aeroporti e linee aeree internazionali non hanno i cartelli con gli ideogrammi, i menu dei ristoranti occidentali quasi mai sono tradotti in mandarino e nessun hotel è attrezzato per la colazione tipica di Pechino, dalla zuppa di verdura alle ali di pollo. Al contrario, sono molto richiesti quei (rari) alberghi che offrono una linea telefonica per traduzioni disponibile 24 ore su 24.