Francesco Carella, Libero 10/4/2011, 10 aprile 2011
UNO STUDIO AMERICANO: L’ITALIA È LA PIÙ A RISCHIO DI ISLAMIZZAZIONE
Tra vent’anni in Italia la seconda lingua sarà l’arabo. Nei prossimi due decenni il numero dei fedeli islamici nel nostro Paese aumenterà del 102%, superando ampiamente la quota di tre milioni. Nella classifica di questa invasione ci precedono solo i Paesi scandinavi. Lì gli incrementi previsti vanno dal 120% della Svezia al 150% della Norvegia e della Finlandia. Andrà meglio alla Francia, dove si prevede un aumento del 45%. Attualmente, i musulmani che vivono in Europa sono circa venti milioni. Se la Turchia dovesse entrare nell’Ue, la popolazione islamica salirebbe a 110 milioni: il 25% dei residenti. I dati arrivano dai ricercatori di uno dei più prestigiosi think tank americani, il “Pew Research Center”. Attenzione, però. Lo studio è stato realizzato prima che il Nord Africa e il Medio Oriente entrassero in ebollizione e prima che scoppiasse la guerra in Libia. I continui sbarchi sulle coste siciliane sposteranno questi numeri sempre più verso l’alto e riporteranno in primo piano il problema della futura identità dell’Europa come area culturale e civile, prim’ancora che politica. E protagonista, suo malgrado, si troverà ad essere l’Italia: in un medesimo spazio geografico, peraltro assai limitato, si troveranno a fare i conti due società del tutto diverse: l’una, figlia della tradizione giudaicocristiana e dell’illuminismo, l’altra, educata alla rigida ortodossia islamica.
Di tutto ciò poco si parla e quando qualcuno prova a farlo viene puntualmente snobbato, se non addirittura insultato dai funzionari del politically correct. È quel che accadde, qualche anno fa, al più grande islamista vivente, Bernard Lewis, quando mise tutti sul chi vive confidando al giornale tedesco Die Weltche «i musulmani erano destinati a diventare la forza dominante dell’Europa. E questo perché gli europei, avendo rinunciato a difendere le proprie radici culturali e civili non avranno alcuna possibilità di arginarne l’avanzata. L’Europa fra qualche decennio diventerà il Nord del Maghreb». La reazione fu all’insegna di un “assordante silenzio”. Chi parlò, lo fece usando parole al vetriolo. Lo storico Olivier Roy scrisse che «Lewis sembrava un mistico e che aveva perso ogni contatto con la realtà». Insomma, era andato giù di testa. Completamente ignorati continuano ad essere gli appelli che arrivano da Pervez Hoodbhoy, docente in fisica nucleare presso l’Università di Quaid-e-Azam a Islamabad e protagonista di molte battaglie a favore dei diritti umani in Pakistan. Egli cerca disperatamente di far capire che «la convivenza può essere possibile a patto che il Vecchio Continente non arretri davanti agli estremisti e davanti a tutti coloro che non credono nei diritti fondamentali. Occorre ricordare che chi disprezza questi valori prima o poi abbraccia la violenza».
Del resto, in una recente indagine, condotta in Germania su un campione di milleduecento giovani tedeschi di origine turca, si leggono risultati inquietanti: circa un terzo degli intervistati sostiene che l’Islam deve trionfare in tutti i Paesi e che l’uso della violenza contro i non credenti è giustificato se serve all’affermazione del proprio credo. In tal senso, Samuel Huntington, il teorico della “guerra delle civiltà”, ci aveva già avvertiti che fra «i musulmani la fedeltà allo Stato nazione è sempre stata storicamente debole, mentre i veri legami si sono formati attorno alla famiglia, al clan, alla tribù e, soprattutto, all’in terno della comunità religiosa». Ora che l’Europa si trova alla vigilia di un’invasione senza precedenti, si spera che i fatti non vengano ancora una volta negati. In caso contrario, non resta che rassegnarci alla trasformazione dell’Europa in Eurabia. Oriana Fallaci combattè come un leone per scongiurare una tale eventualità, ma l’establishment politico-culturale non volle ascoltarla.
Francesco Carella