Carlo Mercuri, Il Messaggero 10/4/2011, 10 aprile 2011
MARONI: «UNIONE POCO SOLIDALE» VERTICE SUI PERMESSI TEMPORANEI
Domani sarà il giorno della missione impossibile: Maroni si proverà a persuadere i ministri dell’Interno riuniti a Lussemburgo della bontà delle posizioni italiane in materia di immigrazione e della necessità del burden sharing, ovvero degli oneri condivisi nella gestione dell’emergenza.
Maroni stesso sa che ci vorrebbe un miracolo per convincere tutti i colleghi europei ad accettare all’unanimità i principi italiani. Lo sa e non ne fa mistero: «L’Europa si fa vanto di grandi principi, ma quando deve dimostrare che c’è solidarietà, questo non avviene», ha detto ieri, senza troppi tatticismi. «La collaborazione che mostra il popolo italiano manca un po’ invece in Europa», ha continuato, spiegando: «Noi vogliamo portare in tutto il mondo il modello italiano. Questo modello si basa sul fatto che quando qualcuno è in difficoltà noi lo aiutiamo. Non diciamo agli aquilani in difficoltà: noi siamo di Bergamo e non vi aiutiamo. Questo spirito di solidarietà - ha concluso - in Europa dovrebbe essere più diffuso. In Italia c’è ed è un esempio di come si gestiscono le emergenze, con l’aiuto reciproco e la solidarietà: tutto questo non mi pare sia molto diffuso in Europa».
In Europa, domani, solo Malta tra i 27 darà un sì convinto alle richieste italiane di attivare la direttiva 55 della Ue sulla protezione internazionale. E forse il nostro Paese potrà incassare un’approvazione, ma più tiepida, anche da Spagna, Grecia e Portogallo. «Qui ci fermiamo», dice una fonte. Il fronte dei no all’Italia sarà guidato da Francia e Germania. Quest’ultimo Paese ha già fatto sapere che la decisione italiana di accordare permessi temporanei ai migranti tunisini è «contraria allo spirito di Schengen» e minaccia battaglia, domani, a Lussemburgo. Ma non ci sono solo la Francia e la Germania: c’è una serie di Paesi, come ad esempio la Norvegia, la Svezia, l’Olanda, che hanno sopportato negli ultimi 20 anni flussi di immigrati in numero 15 volte superiore al nostro, in rapporto alla popolazione residente. Perfino la Turchia ha dovuto farsi carico di un’importante aliquota di profughi dopo la guerra nel Kosovo. Tutti questi Paesi, e altri ancora, si gireranno dall’altra parte nel momento in cui l’Italia chiederà solidarietà.
Gli obiettivi politici della Ue, però, dovevano esser un’altra cosa: così almeno ci avevano raccontato. Il commissario agli Affari interni dell’Unione, Cecilia Malmstrom, aveva dichiarato in un’intervista, nove mesi fa: «Una delle mie principali priorità sarà il consolidamento di una vera politica di immigrazione e di asilo. Siamo infatti di fronte a sfide demografiche e sappiamo che i Paesi della Ue devono affrontare il problema dell’invecchiamento della società; perciò il contributo dei migranti può essere rilevante». E ancora: «La Commissione ha proposto misure (...) per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali, in particolare il principio di non respingimento».
Invece la realtà disegna un altro quadro. Addirittura è stato lo stesso portavoce del commissario Malmstrom a mettere i paletti: «Avere un permesso di soggiorno - ha detto - non garantisce automaticamente il diritto di viaggiare nell’area Schengen». Come si vede, siamo alle sottigliezze di diritto internazionale: la parola agli avvocati e agli esperti, non ai politici. Quindi, addio solidarietà internazionale. Domani, a Lussemburgo, si discuterà soprattutto dei requisiti per i permessi di soggiorno che, ci ricorderanno Francia e Germania, per essere validi dovranno essere accompagnati da un documento di viaggio, dall’indicazione delle condizioni e dell’obiettivo del viaggio; da mezzi finanziari sufficienti a sostenere il viaggio e dalla non segnalazione nel sistema di sicurezza Schengen. Un percorso di guerra, beato chi lo supera. La conclusione è che «non esiste una politica europea comune sull’immigrazione e sull’asilo, la materia è delicata e rende plausibile il ricorso a soluzioni protezioniste prese dai singoli Governi»: lo dice Margherita Boniver, presidente del Comitato Schengen.