Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 11/4/2011, 11 aprile 2011
LUGANO —
La campagna, partita addirittura a dicembre e andata avanti fino all’ultimo giorno di battaglia elettorale, contro l’inaffidabilità dell’Italia ha pagato: da ieri la Lega dei Ticinesi, partito affine a quello di Umberto Bossi, è il leader del Canton Ticino. Le elezioni per il governo regionale hanno premiato il movimento capeggiato dal dirompente Giuliano Bignasca oltre ogni previsione: consensi che sfiorano il 30%, balzo in avanti in termini percentuali di quasi 8 punti rispetto all’ultima consultazione, sorpasso netto sul Plr (Partito liberale radicale) formazione moderata da sempre detentrice della maggioranza relativa in Ticino e in altri cantoni elvetici, una sorta di Dc rossocrociata ora ferma al 24,9%. «Adesso comandiamo noi!» è la prima dichiarazione di Bignasca urlata ieri in piazza della Riforma a Lugano, teatro dei festeggiamenti leghisti. E subito aggiunge minaccioso: «E Tremonti deve venire a trattare qui...» . Depurate dall’entusiasmo per un risultato imprevisto e dall’irruenza propria del personaggio, le dichiarazioni fanno capire che aria tirerà da oggi al di là del confine tra Lombardia e Ticino. La Lega dei Ticinesi, che aveva stretto un patto elettorale con l’Udc, altro partito dalle forti connotazioni isolazioniste e antistraniere, aveva puntato tutto sulle critiche all’Italia. «Lavoro, precedenza agli svizzeri» diceva un tabellone a caratteri cubitali comparso di recente a Lugano e Bellinzona; con evidente riferimento agli oltre 40 mila italiani che ogni giorno varcano il confine per offrire manodopera a basso costo alle imprese elvetiche e ritenuti ingombranti in un periodo di crisi economica. La campagna aveva avuto toni virulenti già nel dicembre scorso, quando i lavoratori italiani, sempre in una campagna shock, erano stati raffigurati come ratti famelici all’assalto del formaggio svizzero. Il che non impedisce alla Lega nostrana di esultare. Il segretario del Carroccio varesino, Stefano Candiani, osserva che «noi abbiamo Roma, loro hanno Berna: la distanza politica segnata dal confine di Stato è ormai superata dalla consonanza culturale e storica» . I temi anti-italiani che hanno premiato Bignasca per la verità non sono materia del governo cantonale ma riguardano piuttosto i rapporti tra Berna e Roma o addirittura Bruxelles; ma il sentimento da tempo ha contagiato settori della politica più moderati; anche il partito socialista, in campagna elettorale, aveva criticato il dumping salariale determinato dalla pressione dei lavoratori italiani e persino la presidente della Confederazione Elvetica, Micheline Calmy Rey, in un’intervista al Corriere pochi giorni fa aveva paventato ritorsioni contro i lavoratori frontalieri se il governo italiano non avesse tolto la Svizzera dalla black list dei Paesi poco collaborativi nel campo della lotta all’evasione fiscale. Claudio Del Frate