Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 11/4/2011, 11 aprile 2011
ROMA —
Non rientrano nella voce «pressione fiscale» perché non sono tasse. Ma per il consumatore cambia poco: di fatto si tratta di spesse fisse, non eliminabili dal bilancio quotidiano. Acqua, rifiuti, trasporti urbani pesano sul portafoglio senza lasciare possibilità di scelta. E al di là dell’eterno dibattito politico sulla riduzione della pressione fiscale, sono proprio queste «tasse occulte» ad aver impoverito l’italiano medio. Secondo uno studio della Cgia— l’associazione degli artigiani di Mestre negli ultimi dieci anni le tariffe dei servizi pubblici sono cresciute più dell’inflazione, che è salita del 23,9%. L’acqua è aumentata addirittura del 55,3%, la spesa per la raccolta dei rifiuti del 54%, quella per autobus e metropolitane del 31,4%. Forse non è un caso se altre tariffe, non decise dai Comuni, sono aumentate di meno. Sempre negli ultimi dieci anni, ad esempio, l’energia elettrica è cresciuta del 24,3%. Come mai? I prezzi di acqua, rifiuti e trasporti pubblici sono spesso le leve che i Comuni muovono per far quadrare conti sempre più difficili, visto il taglio dei trasferimenti da parte dello Stato. Una tendenza che ha raggiunto il suo picco nel 2009: solo in quell’anno, per fare un esempio, il costo dell’acqua è salito del 53,4%a Viterbo. Ma anche questi primi mesi del 2011 si sono già fatti sentire. Scorrendo le tabelle di Asstra, l’associazione delle società del trasporto pubblico locale, si vede che anche rispetto a pochi mesi fa, in molte città il prezzo del biglietto dell’autobus è aumentato e anche di parecchio. Tra ottobre 2010 e marzo 2011 del 25%a Genova, del 20%a Bologna, Brescia, Parma, Livorno e Lecco, addirittura del 33%a Lodi. E per i prossimi mesi si annunciano nuovi ritocchi decisi dalle Regioni. In Lombardia si prevede un rialzo del 10%a partire dal primo maggio, anche se solo per quelle aziende che abbiano raggiunto determinati obiettivi. In Piemonte si ipotizza un aumento del 20%, anche se al momento non c’è alcun documento formale. In compenso non ci sono grandi differenze tra le diverse città. Il costo del biglietto va da un minimo di 80 centesimi a Reggio Calabria fino a un euro e 50 a Imperia e Genova. Ma nella gran parte dei casi il prezzo è compreso tra l’euro secco e l’euro e 20. Dove invece le tariffe diventano variabilissime è per l’acqua. Qui le differenze di prezzo hanno una loro giustificazione «territoriale» visto che portare l’acqua fin nelle case non è la stessa cosa in montagna o in pianura. La regione con il costo più alto— secondo l’ultimo rapporto di Utilitatis, il centro di ricerca delle aziende del settore— è la Toscana: ipotizzando un consumo di 200 metri cubi l’anno la spesa sempre annuale arriva a 462 euro. A seguire un’altra regione dal territorio complesso come l’Umbria, con 412 euro. In fondo alla classifica, e quindi più economiche, la Lombardia, in gran parte pianeggiante ma anche efficiente, con 104 euro e il Molise con 109. Ma per capire davvero come stanno le cose bisogna abbassare la lente d’ingrandimento e scendere al livello degli Ato, gli ambiti territoriali ottimali che decidono le tariffe per tutti i comuni che ricadono nel loro territorio. Nella graduatoria dell’incidenza dei costi operativi al metro cubo il primo posto va all’Ato5 Toscana, quello che serve Livorno, il suo entroterra ma anche l’Isola d’Elba. Il valore più basso va all’Ato città di Milano. Ragionando in termini di costo annuale la spesa standard raggiunge il suo massimo ad Agrigento con 440 euro l’anno, seguita da Arezzo con 410, Pesaro e Urbino con 409. La spesa più contenuta si registra a Milano con 103 euro, poco meno di Treviso e Isernia, rispettivamente con 109 e 108. In ogni caso le tariffe italiane sono tra le più basse al mondo e non riescono a coprire i costi di gestione e manutenzione della rete. Meno differenze, ma più contraddizioni, per la raccolta dei rifiuti. Il servizio — secondo un altro rapporto di Utilitatis — costa di più al Sud, dove funziona peggio, e meno al Nord, dove in media i risultati sono migliori: nel Mezzogiorno, considerando un appartamento di 80 metri quadri con tre occupanti, siamo a 210 euro l’anno, nelle isole saliamo a 230. Al Nord Est scendiamo a 192, al Nord ovest a 184, al Centro a 182. Se abbassiamo di nuovo la lente di ingrandimento, il prezzo più caro lo pagano gli abitanti di Siracusa che sfondano la soglia dei 300 euro, seguiti da quelli di Salerno (che pure al Sud è un’isola di efficienza) poco sotto la soglia dei 300. La città più economica è Isernia, con 75 euro. Milano, poco sopra i 200 euro, supera Roma, intorno ai 170. Lorenzo Salvia