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 2011  aprile 10 Domenica calendario

Nella vita di Mario Soldati si nasconde un deposito delle occasioni mancate. Sembra impossibile, se si pensa alla vulcanica attività di un uomo che pareva obbligato al successo dalla sua stessa indole, da un talento plurimo e capace di trascinare qualunque fosse il suo campo d’applicazione: la narrativa, il cinema, il reportage, la televisione

Nella vita di Mario Soldati si nasconde un deposito delle occasioni mancate. Sembra impossibile, se si pensa alla vulcanica attività di un uomo che pareva obbligato al successo dalla sua stessa indole, da un talento plurimo e capace di trascinare qualunque fosse il suo campo d’applicazione: la narrativa, il cinema, il reportage, la televisione. Il teatro, invece, è rimasto all’angolo. Eppure, quante tentazioni gli ha offerto, quante energie gli ha drenato: fin da ragazzo, fin dai primi Anni Venti, quando Soldati scrisse Pilato per un concorso indetto dai gesuiti e soprattutto per guadagnare un po’ di soldi, svelando già allora l’ossessione che gli avvelenerà la vita. A partire da quella prova lontana, il teatro è stato sempre, per lui, una aspirazione tenace. Quante commedie ha scritto? A occhio, una quindicina, ma tutte, o quasi tutte inghiottite dal buco nero dell’indifferenza anche quando venivano pubblicate, anche quando un volenteroso le metteva in scena. Ci fu un caso in cui un suo testo drammatico giunse a lambire la soglia del grande palcoscenico. Alla fine degli Anni Cinquanta I panni neri finirono nelle mani di Giorgio Strehler, che però rinunciò a rappresentarli accampando motivi inverosimili (evidentemente non voleva offendere l’autore) e non curandosi del fatto che il dramma fosse stato richiesto da Paolo Grassi. Chi non si fece scrupolo fu Gianni Brera che, letto il copione, scrisse all’amico: «Tu sei Meazza che ha sbagliato il gol». La commedia, ambientata nella Torino del clero e dell’industria, descrive un rapporto madre-figlio ma, evidentemente, non risulta così persuasiva se, ancora secondo Brera, «rovinerebbe» il suo autore nel caso venisse rappresentata. I panni neri , col peso della loro cocente delusione, ritornano nella scelta dei testi teatrali contenuti nell’ultimo dei tre Meridiani con cui Mondadori offre al lettore l’«omnia» di Soldati. Curato da Bruno Falcetto, il volume (pp. 1900, 60) propone anche prose fra le più succulente. America primo amore , per esempio; il sorprendente Viaggio a Lourdes ; il picaresco Fuga in Italia , dove Soldati racconta la propria fuga da Roma occupata dai tedeschi verso Napoli in compagnia di Dino De Laurentiis; e poi, ancora, le pagine sul vino, sulle arti figurative, sulla musica, sul cinema. Oltre ai Panni neri troviamo la sacra rappresentazione La madre di Giuda , l’atto unico Nerone scena ultima e il dramma, interrotto al second’atto, La grandezza ovvero il paradiso perduto , scritto - come si può dedurre da una battuta del testo nel 1995, quasi sul finire della vita (Soldati morì nel ‘99). Il Nerone , degli Anni Venti, è un quasi-monologo con cui lo scrittore, alla maniera di Savinio, attualizza la storia. Ci presenta l’imperatore nei panni di un ciclista che, rifugiatosi fuori dell’Urbe dopo una vertiginosa pedalata, chiede al compagno di viaggio Epafrodito di estrarre la rivoltella e di ucciderlo perché lui, così pauroso, così incerto su tutto, anche sugli amori, soltanto con la morte potrà raggiungere la grandezza ed entrare nella storia. L’ultimo testo, ambientato all’interno di un’aristocrazia intellettuale cosmopolita e irresistibilmente mondana, indaga sull’assenza: l’assenza del genio assoluto, incarnato dal musicista Vespucci, che riesce a esprimere la propria grandezza soltanto grazie alle corna. Temi diversi, tre epoche fra loro lontane, una scrittura cangiante che però ci fa cogliere il motivo per cui il teatro fu per Soldati un amore intenso e insieme deluso. Potremmo sintetizzarlo con la parola «fedeltà». Lo vediamonella Grandezza . Teatralizzando la sua materia, il drammaturgo non sa staccarsi dal narratore. Insegue l’intrigo, è fluviale, è un meraviglioso ritrattista, ma le sue figurine non sembrano portare da nessuna parte. Se ne accorse Valentino Bompiani, che gelò il povero Soldati dicendogli che la Grandezza altro non era se non un bel racconto dialogato. Roba da leggere, dunque, magari con godimento, ma non da «vedere».