Carlo Alberto Bucci, la Repubblica 10/4/2011, 10 aprile 2011
Il piccone demolitore del ventennio fascista che si abbatté sulla collina Velia per fare strada alla via dell´Impero di Mussolini, sollevò un polverone che si andò ad imprimere nel travertino del Colosseo, colorandolo di terra
Il piccone demolitore del ventennio fascista che si abbatté sulla collina Velia per fare strada alla via dell´Impero di Mussolini, sollevò un polverone che si andò ad imprimere nel travertino del Colosseo, colorandolo di terra. Poi ci ha pensato lo smog delle auto e dei termosifoni. In settant´anni di emissioni inquinanti, lo smog ha cementato la pozzolana di Roma alle superfici lapidee e agli intonaci, sporcandoli di nero. Fortunatamente, non per sempre. Solo tre mesi di interventi di semplici getti d´acqua nebulizzata e di colpi di spazzole in naylon, hanno infatti liberato 14 pilastri dell´anfiteatro Flavio dalla crosta nera di sporco che li ricopriva dal Novecento. E offrono adesso, come il tassello di pulitura su un dipinto antico bisognoso di cure, uno squarcio di luce su come sarà il Colosseo quando verranno portati a termine, tra un paio di anni, i restauri che eseguirà la Soprintendenza statale, utilizzando i 25 milioni della sponsorizzazione di Diego Della Valle, sulla quale però la Uil la settimana scorsa ha presentato un esposto alla procura e alla Corte dei Conti. Le ultime analisi scientifiche sul monumento più amato e visitato d´Italia lanciano anche un allarme sul carosello di auto che lo assedia (punte di 3.400 macchine l´ora, secondo i rilevamenti di Legambiente): nel lato in cui il traffico arriva a lambire il Colosso, verso Colle Oppio, la patina nera prodotta dai tubi di scappamento è infatti più densa e spessa rispetto allo strato che si riscontra sul fronte opposto, affacciato sul Foro romano e sull´area pedonalizzata. E´ insomma un problema culturale e ambientale quello del restauro che attende il Colosseo. Riguarda la salute del simbolo di Roma ma anche quella dei suoi cittadini, dei lavoratori che lo gestiscono e dei 5 milioni di turisti che ogni anno lo visitano. Sotto la patina inquinante è riapparso, a tratti intatto, il tono caldo della pietra romana. Ma spesso anche il colore ocraceo dell´ossalato di calcio o i residui di combustione della legna bruciata nel Medioevo per portare via le graffe in ferro e bronzo (da qui le migliaia di buchi nel travertino). «E´ la patina del tempo e non è nostra intenzione rimuoverla, almeno per adesso. Vetustà significa anche venustà. Questo degli ambulacri al secondo ordine è un intervento di pulitura: in un secondo momento si potrà discutere se riportare il travertino al colore originario» spiega Giovanna Bandini, la restauratrice nominata responsabile operativa per questo intervento di pulitura che interessa la zona ora destinata alle mostre, nel cantiere progettato dall´architetto Piero Meogrossi; funzionari della Soprintendenza archeologica di Roma, i due coordinano e seguono i lavori eseguiti dagli uomini della ditta di restauro Remi srl. Con un budget di 400mila euro, la pietra annerita degli ambulacri è stata sottoposta a "bagni" della durata di 6 ore nel corso delle quali gli operai sono intervenuti a spazzolare via il particellato inquinante prodotto dagli idrocarburi, mentre il restauratore Emiliano Africano si occupava, tra l´altro, di accordare cromaticamente la superficie pulita ai giunti di malta messi in opera nell´Ottocento per rafforzare i pilastri. Sotto la crosta nera, ecco riapparire altri colori: «In alcuni punti abbiamo ritrovato tracce di vernice rossa, forse i segni usati per collocare nei punti esatti i blocchi di travertino in vista dell´inaugurazione dell´80 dopo Cristo» rivela l´archeologa Rossella Rea, direttrice del monumento. «Ma ci sono anche le strisce trasversali color terra, sono i segni stratigrafici del piano di calpestio medievale». Nella nuova tavolozza del Colosseo sono riapparsi anche i toni della campagna romana che ricopriva fino al Settecento le rovine dell´arena dei gladiatori.