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 2011  aprile 10 Domenica calendario

EGOISMI, FURBIZIE E PIAGNISTEI

La destabilizzazione del Nord Africa sta creando contraccolpi sull’Unione europea, che già non godeva di ottima salute. Il flusso d’immigrati da quell’area ha esacerbato le tensioni, peraltro già ben presenti, tra un’Europa settentrionale, che si sente più efficiente e giudiziosa, e un Sud Europa in affanno per tante ragioni. È prioritario raffreddare una situazione incandescente, che rischia di far esplodere le tensioni tra i partner dell’Unione, prima ancora di cercare di capire dove stia la ragione. Anche perché assegnare torti e ragioni in questa storia non è facile.
Da un punto di vista formale, l’Italia è libera di concedere tutti i permessi di soggiorno che vuole, e proprio nel corso della recente emergenza migratoria questo diritto è stato confermato dalla commissaria Ue Malmström. Se ne deduce, quindi, che il nostro Paese possa concedere liberamente anche permessi temporanei di protezione umanitaria. È quanto ha fatto il governo applicando l’articolo 20 del Testo Unico sull’immigrazione: ha assegnato un permesso a chi è sbarcato dal Nord Africa in Italia dall’1 gennaio al 5 aprile. Si tratta di una mossa inizialmente proposta e sempre condivisa anche dall’opposizione.
Il permesso dovrebbe autorizzare gli immigrati sbarcati in Italia a circolare, per un periodo di tre mesi, nell’area Schengen: che poi non sifermino irregolarmente nel Paese prescelto, anche conpermessi scaduti, non lo garantisce nessuno. E proprio questo è l’aspetto che preoccupa i partner europei, Francia in primis. È una preoccupazione politica ovvia; ma si può imputare all’Italia una palese violazione delle regole?
Ora, il Trattato di Schengen ha subito così tanti interventi e regolamenti attuativi da essere diventato un testo di difficile interpretazione e ambigua applicazione, ma la tesi italiana giuridicamente sembra reggere, perché anche il Regolamento 562 del 2006 esclude dai permessi che abilitano i cittadini dei Paesi terzi a circolare solo quelli rilasciati in attesa di risposta alla domanda di asilo o di un altro titolo di soggiorno. Gli Stati aderenti alla convenzione di Schengen sono poi tenuti a fornire un elenco dei permessi che essi stessi non considerano validi a quello scopo, e l’Italia ha aggiunto alla lista degli esclusi dalla libera circolazione soltanto il permesso per cure mediche e quello per ragioni di giustizia. Lo stesso regolamento richiede come principale requisito ulteriore il «disporre di mezzi di sussistenza», ed è sul verificarsi di questo requisito che le autorità francesi minacciano di esercitare un esame puntiglioso. Fin qui, insomma, appaiono sostenibili le ragioni giuridiche italiane. Per capire la contestazione dei francesi,e ancor più dei tedeschi, bisogna però entrare nel merito di questa «concessione di permesso per ragioni umanitarie». In Italia, il decreto di venerdì si basa sull’articolo 20 della legge Turco-Napolitano, secondo il quale la protezione si rivolge a sfollati da Paesi non Ue a causa di «conflitti, disastri naturali e situazioni di particolare gravità».
Si può affermare che tutti coloro che sono venuti dal NordAfrica, tra l’1gennaio e il 5 aprile, si sono sottratti alle gravi situazioni? E che questo valga - in particolare - per i recenti afflussi dalla Tunisia? La risposta è incerta, ma nessuno può vietare all’Italia di interpretare le proprie leggi come crede. D’altra parte cosa intenda l’Ue per la protezione temporanea per motivi umanitari emerge dalla lettura della direttiva n. 55 del 2001, che l’Italiaha recepito nel 2003. Secondo la direttiva la misura è applicabile a fronte di un «massiccio afflusso di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all’Ue che non possono rientrare nel loro Paese d’origine» perché il loro «rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulta momentaneamente impossibile in dipendenza della situazione nel Paese stesso». A fronte di eventi del genere, i Paesi membri devono sentirsi impegnati a condividere il carico degli sfollati.
Pure quando non lo dicono apertamente, i nostri partner più robusti ci accusano di aver trasformato in «sfollati» quelli che sono di fatto clandestini. Quegli stessi che autorevoli esponenti politici italiani erano adusi descrivere come un branco di lupi, sono stati convertiti - secondo i nostri critici - in un pacifico gregge di agnelli. I clandestini sono stati troppo spesso equiparati nella retorica politica nostrana ad altrettanti potenziali o reali delinquenti, ed era una fesseria; ma oggi potrebbe non essere facile identificare tra gli sbarcati quanti sono fuggiti dalle carceri tunisine. Inoltre, gli immigrati dalla Tunisia sono, come sostengono alcuni politici italiani e come penso sia vero, in gran parte bravi ragazzi accomunati dal sano desiderio di fare fortuna in Francia. Ma se è così, perché dovrebbero essere titolari di un permesso per ragioni umanitarie, visto che si muovono non per scampare a disastri, ma per trovare lavoro? E se invece riteniamo che i disastri nella loro patria ci siano davvero, perché la protezione dovrebbe riguardare solo chi è arrivato dopo l’1 gennaio e fino alla mezzanotte del 5 aprile? Il governo italiano ritiene che applicare questa gabbia temporale serva a evitare che la prospettiva di altri permessi attiri altri flussi verso le nostre sponde. È lecito, però, dubitare che una gabbia così fragile funzioni, e checomunque i flussi si arrestino.
Il dato di fondo è che l’Italia in questo momento ha dovuto affrontare un’emergenza che non è in grado di controllare, ed è stata lasciata sola. La concessione del permesso per ragioni umanitarie è stata insieme un’uscita di sicurezza e una ripicca contro l’insufficiente solidarietà europea. Di fronte alla destabilizzazione del Nord Africa non bastano i soldi messi a disposizione dall’Unione, l’Italia ha bisogno non solo di più risorse, ma di una cooperazione europea a più ampio raggio. Gli Stati europei che godono di più alta considerazione, che aspirano a ragione a un ruolo guida nell’Unione, non possono pensare di far gravare solo o soprattutto sull’Italia i problemi che derivano dalla fragilità dei nuovi regimi sulla sponda Sud del Mediterraneo. Con questi regimi è necessario rilanciare la prospettiva di un’area euro-mediterranea. Deve essere una strategia forte e concertata fra tutti i membri dell’Unione, in particolare proprio tra Francia e Italia. Non è il caso di trastullarsi con accuse reciproche, non c’è tempo.