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 2011  aprile 10 Domenica calendario

L e banche centrali— dalla Federal Reserve alla Bce — sottopongono a stress test le aziende di credito

L e banche centrali— dalla Federal Reserve alla Bce — sottopongono a stress test le aziende di credito. In tal modo misurano la tenuta degli stati patrimoniali delle vigilate nell’ipotesi di emergenze di più o meno drammatica gravità. Le banche bocciate hanno tre scelte: a) aumentare il capitale; b) monetizzare parti del patrimonio; c) ridurre l’attività creditizia e finanziaria. Quanti magnificavano l’innovazione finanziaria come panacea contro il rischio di controparte (il debitore che non rimborsa), ora credono ciecamente a questi esami di maturità dall’apparenza scientifica. Secondo gli scettici di ieri e di oggi, invece, i responsi degli stress test sono manipolabili all’atto stesso della formulazione dei quesiti ai fini della politica delle banche centrali e dei governi. Probabilmente è meglio così, e dunque ben venga la ricapitalizzazione delle banche ormai in atto anche in Italia. Ben venga, ma conservando il diritto al dubbio. Da duemila anni, secondo lo spirito del tempo, la cultura europea è impegnata a dare risposte alla domanda: quis custodiet custodes? Per imitazione, potrebbe ora serpeggiare un’altra domanda: chi fa gli stress test alle banche centrali? La risposta è: nessuno vigila sui vigilanti, e guai se qualcuno ci provasse. Ad aprile 2011, la banca centrale degli Stati Uniti dichiara attività per un totale di 2.692 miliardi di dollari, pari al 18%del Prodotto interno lordo 2010. Per metà si tratta di obbligazioni del Tesoro Usa, per l’altra metà di mutui a lungo termine delle imprese sponsorizzate dal governo (le disastrate Fanny Mae, Freddy Mac e Ginny Mae) e poi di altri titoli spesso illiquidi tra cui quelli derivanti dai salvataggi delle assicurazioni Aig e della banca d’investimento Bear Stearns. Quasi tutto è registrato al valore facciale corrente. Ma qual è il valore di mercato oggi e quale sarebbe nelle emergenze su cui esaminano le banche? Nell’epoca dell’accountability, il sistema occidentale si regge sul non detto. Perché se dicesse, gravissime sarebbero le difficoltà per la Fed, prestatrice di ultima istanza che a tutti fa scudo potendo creare moneta attraverso il quantitive easing, ovvero rifinanziando le banche di cui accetta in garanzia titoli e crediti anche di scarsa o nulla qualità. Peggio starebbe la Bank of England e anche l’Eurozona non se la passerebbe tanto bene. Sulla base del Foreign Sovereign Immunity Act del 1976, i giuristi americani definiscono le banche centrali too sovereign to be sued, troppo sovrane per essere citate in giudizio, e dunque meno che mai si potrebbe far loro uno stress test preventivo. In effetti, nonostante i timori della Harvard Law Review, non si è sentito di cause eclatanti. Forse l’unico processo a un banchiere centrale è quello in atto contro Antonio Fazio. Ma l’interventismo della Banca d’Italia nelle scalate del 2005 pare ormai una pagliuzza rispetto alla trave dei salvataggi bancari anglosassoni, sui quali nessuno chiama nessuno a rispondere. Nessuno, tranne l’oro, il cui prezzo, salendo senza posa, è già una prima sentenza. mmucchetti@corriere.