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 2011  aprile 10 Domenica calendario

ROMA —

Lo spessore del faldone cresce ogni giorno di più. Tra esenzioni, detassazioni e agevolazioni, regimi di favore fiscale, imposte sostitutive, tassazioni separate, i tecnici incaricati dal ministro Giulio Tremonti di individuare tutte le «scappatoie fiscali» in vigore, ne contano ormai oltre 400. Una valutazione definitiva del loro valore sarà pronta solo nelle prossime settimane, ma tra i membri della Commissione guidata da Vieri Ceriani, una delle quattro al lavoro sulla riforma fiscale, gira una stima verosimile: 200 miliardi di euro. E quello mangiato dall’erosione, sarà il primo tesoretto cui attingere per finanziare la riduzione delle aliquote fiscali promessa dalla riforma. L’obiettivo del governo è quello di sfoltire e razionalizzare i regimi di favore fiscale. Che sono troppi, e troppo costosi. Solo a livello statale si contano ben 242 forme di agevolazione fiscale, che valgono da sole la bellezza di 142 miliardi. A fare la parte del leone sono le detrazioni e la riduzione dell’imponibile per il lavoro dipendente, che costano ogni anno oltre 55 miliardi, seguite dalle detrazioni per i familiari a carico, che valgono 12,4 miliardi. Gli altri 70 miliardi sono dispersi in una miriade di «bonus» , generosamente concessi dai vari governi che si sono succeduti fino ad oggi a partire dal 1954, anno cui risale la più antica agevolazione fiscale in vigore, quella sulle imposte di registro, ipotecarie e catastali per la piccola proprietà contadina. Poco importa che nessuno, oggi, chieda più quell’agevolazione. Resta in piedi come tanti altri regimi che si potrebbero tranquillamente definire «inutili» , visto che nel bilancio dello Stato del 2011 è prevista una spesa pari a zero, perfino più recenti. Come l’esenzione dell’accisa sui carburanti impiegati per la produzione di magnesio dall’acqua di mare, del 2004, o la detassazione degli utili reinvestiti nel settore cinematografico del 2007, la riduzione dell’Irpef e dell’Irap per tre anni ai docenti e ai ricercatori che rientrano per lavoro in Italia (del 2008 e riproposta nel 2010), o la fiscalità di vantaggio per il Sud prevista dal decreto di luglio dell’anno scorso. Però, poi, ci sono anche detrazioni costose e ugualmente poco comprensibili. Lo sconto Irpef per le spese funebri, per esempio, che vale 120 milioni l’anno, l’esenzione Irpef per gli ambasciatori, che ne costa 119, le detrazioni per le spese veterinarie, per il restauro delle case vincolate da una legge del 1939, per le erogazioni a favore dello spettacolo, delle onlus, dei partiti politici, delle associazioni sportive, le esenzioni Irpef per le borse di studio agli studenti e alle vittime del terrorismo, il credito di imposta per i tassisti. E così via, in un tripudio di sconti e bonus. Che cominciano a porre un po’ di problemi. Intanto è impossibile valutare i benefici concreti di determinate scelte politiche, disperse tra agevolazioni di entrate e programmi di spesa. Una tale quantità di esenzioni, secondo il governo, finisce addirittura per alterare l’equità del sistema tributario e la progressività del prelievo, senza contare che queste creano discriminazioni tra i contribuenti. Finita la mappatura, si imporranno delle scelte politiche, ma la strada è già segnata: agevolazioni ed esenzioni verranno drasticamente ridotte, creando spazio per la riduzione generalizzata delle aliquote. Meglio lasciare più soldi in tasca ai cittadini, decidano poi loro come usarli. Chiaramente, non tutte le risorse necessarie per la riforma fiscale arriveranno dall’abbattimento dell’erosione. Anche gli altri tre tavoli di lavoro, affidati a Pietro Giarda, Mauro Marè ed Enrico Giovannini, cercano soldi. E sono vicini alla conclusione del lavoro, attesa a fine aprile. La Commissione Giovannini sta ultimando la mappatura dell’economia sommersa, da cui emerge un quadro preoccupante e non certo nuovo. L’economia in nero rappresenta tra il 16%e il 18%del prodotto interno lordo, ma si concentra in alcuni settori e in alcune aree geografiche. Secondo i dati consegnati dall’Istat alla Commissione, nel settore dei servizi il sommerso arriva al 21,7%, con punte del 56,8%negli alberghi e nei pubblici servizi, del 52,9%nel lavoro domestico, del 36,8%nell’istruzione e nell’assistenza sanitaria e sociale, del 32,1%nel commercio, del 31,1%in agricoltura, del 28,4%nel settore delle costruzioni. La Commissione dovrà definire un nuovo metodo di valutazione dell’economia sommersa, ma sta passando in rassegna anche gli strumenti per combatterla, dagli studi di settore al redditometro, e potrebbe suggerire alcune linee guida politiche: il rafforzamento delle sanzioni, la riduzione della pressione fiscale, la semplificazione, la neutralizzazione del rischio «condono fiscale» con la previsione di maggioranze parlamentari qualificate. Un po’ più indietro sembra invece il lavoro del tavolo che sta radiografando il bilancio e il patrimonio pubblico, sempre alla ricerca di possibili margini di economia. La Commissione guidata da Pietro Giarda, dopo aver esaminato a fondo il patrimonio, la spesa sanitaria e quella relativa ai trasferimenti pubblici alle imprese, si sta concentrando sulle possibili dismissioni e privatizzazioni. E sta preparando una mappa di tutte le società di diritto privato partecipate o controllate dagli enti pubblici, focalizzando l’attenzione su quelle strutturalmente in perdita. A fine aprile arriveranno anche le conclusioni dell’ultimo tavolo, affidato a Mauro Marè, che deve districare le sovrapposizioni tra le agevolazioni fiscali e l’assistenza sociale. Qui si tratta di razionalizzare, più che trovar soldi, affidando all’Inps alcune funzioni che oggi vengono esercitate dall’amministrazione fiscale. Per tutte e quattro le Commissioni il termine per la consegna dei rapporti è fissato a fine aprile. Poi, finalmente, decollerà il dibattito sulla grande riforma delle tasse. Mario Sensini