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 2011  aprile 09 Sabato calendario

SE MARCHIONNE STACCA LA SPINA

Ci mancava soltanto questo», dicono i delegati Fiom che, con cartelli e striscioni, urlano slogan all’ingresso di villa Guastavillani, stabile nobiliare sui colli bolognesi acquistato dall’università e in cui l’Alma Graduate School tiene le lezioni dei propri master di economia. Il professore-ospite è Sergio Marchionne e quando gli altoparlanti (la sua lezione è trasmessa anche all’esterno) propongono la sua esternazione sulla fame e la povertà nel mondo, i contestatori si spazientiscono: «Qui nega i diritti agli operai poi dall’alto dei suo megastipendio fa la predica».

È il dietro le quinte dell’ad della Fiat in cattedra a Bologna.

A metà della sua lezione fa proiettare il filmato del discorso che una ragazzina tenne alle Nazioni Unite nel 1992: un j’accuse verso il mondo ricco che se ne frega di quello povero. Dopo l’ultimo fotogramma, Marchionne chiosa: «Quella ragazzina non stava parlando soltanto ai potenti della terra, parlava e parla a tutti noi. Al nostro cullarci nel benessere, alla nostra indifferenza, al nostro egoismo. Purtroppo oggi, quasi vent’anni dopo quel discorso, un altro ragazzino della stessa età potrebbe rilanciarci le stesse accuse».

Nell’aula risuonano i fischietti Fiom, ma Marchionne in versione buonista non s’adombra e continua accusando l’Europa di inefficienza: «L’ondata di immigrati dalla Tunisia non ha soltanto portato alla luce il dramma di migliaia di persone, ha di nuovo denunciato il vero dramma europeo; l’assenza di un’organizzazione sovranazionale compatta e a voce unica. Si tratta di un problema che riguarda l’Europa intera e che dev’essere affrontato e risolto a livello comunitario, le coste italiane sono prima di tutto frontiere europee_. Il punto è che siamo stati talmente chiusi e orientati verso noi stessi che non abbiamo visto, o non abbiamo voluto vedere, ciò che accadeva in Nord Africa. Abbiamo accettato che il divario, economico e sociale, si facesse sempre più ampio, lo abbiamo ignorato fino a quando non è venuto a bussarci alla porta».

Sergio Marchionne arriva oltre un’ora in anticipo sull’orario della lezione e si chiude a confabulare col direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro. Un colloquio fitto fitto, tanto che la lezione incomincia poi con mezz’ora di ritardo. Indossa il suoi immancabile maglione blu notte. Si ferma coi giornalisti per dire che è preoccupato per la crescita del tasso di sconto in Europa: potrebbe rallentare i consumi proprio mentre si registrano i primi segnali di ripresa. A una domanda sulle Generali risponde sornione: «Queste faccende le leggo dai giornali, non vi partecipo e quindi non so cosa dirvi».

Quindi di corsa verso l’aula, dove Nicastro lo presenta: «È il simbolo dell’Italia che ce la può fare».

Estrae dalla tasca un discorso di 24 pagine e lo propina agli studenti, ma nelle prime file è difficile trovare un under 50: ci sono banchieri, imprenditori, grand commis. Un saluto caloroso è per l’ex-presidente dell’Enel, Piero Gnudi, che voleva coinvolgere la Fiat nell’auto elettrica. Marchionne però lo gela quando, di lì a poco, dichiara di non credere più di tanto nell’auto elettrica. Meglio stare coi piedi per terra e proporre auto a basso consumo. Per ora l’elettrico non è cosa per chi intende fare profitto.

Poi il rapporto con Chrysler «che quest’anno», dice, «guadagnerò più della Fiat». E ai sindacalisti che lo contestano a distanza dice che è impensabile non poter fare a Mirafiori quanto si fa in Chrysler: «L’Italia», dice, «è al 118esimo posto, su 139 Paesi, per l’efficienza del mercato del lavoro e al 48esimo per grado di competitività, in coda a tutti i Paesi industrializzati».

Quindi o ci si dà una mossa o si salvi chi può. Lui è arrivato in elicottero, nell’area (blindata) del parcheggio retrostante la villa. La lezione è finita poco prima delle 21 ed è subito ripartito, ma in auto: «Di sera, col buio, non viaggio in elicottero».

Prima, una foto vicino alla bandiera tricolore. Del resto, nella parte centrale della lezione aveva citato i 150 anni dell’unità d’Italia: «Dalla situazione di oggi ne possiamo uscire ritornando a quell’idea di origine, nata negli anni della costruzione dell’Italia. Un’idea che prende le mosse dalla fiducia nella propria nazione e in una società capace di riscoprire i motivi della propria unità e di rialzarsi, invece di approfondire quelli della propria divisione e cadere».

La Lega è servita, ma anche il cardinale di Bologna ha avuto un sussulto quando Marchionne ha citato Nikos Kazantzakis (Zorba il greco): «Siamo minuscoli bachi che strisciano su una piccola foglia tra i rami di un albergo gigantesco_ Arriva il pericolo_. Alcuni soffrono di vertigine e delirano, altri, pieni di paura, cercano di trovare una risposta per tranquillizzare il proprio cuore e dicono: Dio!. Altri ancora, dal margine della foglia, guardano con coraggiosa calma il precipizio e dicono: mi piace!». E così l’amministratore delegato della Fiat conclude la sua lezione come una rockstar, tra gli applausi di chi è nell’aula e di chi ha trovato posto nel cortile, dinanzi al maxi-schermo: «Auguro ad ognuno di voi di essere veramente libero e di alzarvi ogni mattina e, guardando a tutto ciò che vi circonda, dire: mi piace!».