Pierluigi G. Cardone, il Fatto Quotidiano 8/4/2011, 8 aprile 2011
SI UCCIDE IN CARCERE A 22 ANNI. MA CARLO HA FATTO TUTTA DA SOLO?
La giustizia accelera quando la vita finisce. O è stata fatta finire. Così, nel giorno in cui la procura della Repubblica di Bari ha dato una sterzata decisa all’inchiesta che lo vede suo malgrado protagonista, il cuore di Carlo Saturno ha smesso di battere. È successo ieri, poco prima di mezzogiorno, nel reparto di rianimazione del Policlinico di Bari, dove il 22enne di Manduria era ricoverato in condizioni disperate dopo il presunto tentativo di suicidio di giovedì scorso, quando Carlo si sarebbe impiccato con un lenzuolo nella cella d’isolamento del carcere barese, in cui era detenuto per furto.
CONDIZIONALE d’obbligo, però, specie alla luce delle ultime decisioni degli inquirenti, che stanno indagando contro ignoti per il reato di istigazione al suicidio. Un cambio di rotta preciso, quindi, rispetto all’indagine conoscitiva senza capi d’imputazione o indagati aperta appena due giorni fa. Oggi, invece, per i titolari dell’inchiesta - il pm Isabella Ginefra e l’aggiunto Pasquale Drago - qualcuno potrebbe aver spinto Carlo a farla finita. Per questo motivo, i pm hanno disposto l’autopsia sulla salma del ragazzo (incarico che presumibilmente verrà affidato al medico legale dell’Università, il dottor Francesco Introna) e ordinato una serie di perquisizioni nel penitenziario di Bari. Qui, del resto, già ieri pomeriggio gli agenti di polizia giudiziaria hanno acquisito fascicoli e documenti che potrebbero svelare particolari sconosciuti degli ultimi giorni di vita di Carlo Saturno. Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati, in particolare, quanto accaduto nelle 48 ore precedenti al presunto suicidio , quando il 22enne era stato arrestato in carcere per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, provvedimento peraltro convalidato dal gip.
A QUANTO pare, dopo la notizia del suo trasferimento in un’altra ala dell’istituto di pena, Carlo avrebbe avuto una colluttazione con alcuni agenti di polizia penitenziaria (uno di questi sarebbe anche rimasto lievemente ferito), insubordinazione che ne avrebbe comportato lo spostamento in una cella d’isolamento, la stessa dove il giovane avrebbe deciso di uccidersi.
La svolta investigativa, inoltre, sembrerebbe prendere in considerazione l’accusa della sorella del ragazzo, secondo cui il fratello non avrebbe mai fatto tutto da solo, ma sarebbe stato spinto da qualcuno ad ammazzarsi. E mentre gli inquirenti cercano di fare chiarezza, del caso si interessa anche la politica. Il deputato del Pd Dario Ginefra ha presentato al guardasigilli Alfano un’interrogazione parlamentare perché “vengano chiarite tutte le circostanze ed ogni eventuali responsabilità delle autorità competenti”, mentre i senatori democratici Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, partendo dal “caso Saturno”, chiedono che sia fatta luce su ciò che realmente accade nelle carceri italiane, specie alla luce dei troppi suicidi avvenuti negli ultimi mesi. La morte di Carlo, comunque, resta una vicenda piena di punti interrogativi, al pari di quella che sei anni fa rovinò per sempre la spensieratezza del ragazzo. Questi, infatti, si era costituito parte civile nel processo a carico di nove guardie del carcere minorile di Lecce, accusate da alcuni detenuti (tra cui Carlo, che all’epoca aveva appena 16 anni) di aver vessato fisicamente e psicologicamente dal 2003 al 2005 gli “ospiti” dell’istituto di pena salentino. Dopo tre rinvii e incredibili difficoltà, il procedimento giudiziario era iniziato alla fine dello scorso febbraio, ma si è virtualmente concluso due giorni fa, quando il giudice del tribunale di Lecce, Fabrizio Malagnino, ha nuovamente aggiornato il processo al 19 giugno 2012, ovvero quando i reati contestati ai nove presunti aguzzini saranno già caduti in prescrizione. Non un’assoluzione, per carità, ma certamente un colpo basso al desiderio di giustizia di chi, è il caso di Carlo, da quella squallida vicenda era uscito con il morale a pezzi.