Francesco Borgonovo, Libero 8/4/2011, 8 aprile 2011
QUANTI SCEMI DI GUERRA
Praticamente, hanno appaltato la guerra in Libia. I misteriosi rivoltosi che si oppongono a Gheddafi, non avendo mezzi sufficienti per la disputa sul campo a suon di proiettili – come ci hanno spiegato giorni fa autorevoli quotidiani e fonti diplomatiche – hanno preferito mollare la patata bollente alla coalizione dei volonterosi cercatori di petrolio (di cui facciamo parte anche noi). Già che c’erano, avrebbero potuto mettere un annuncio su Porta Portese: offresi giusta causa per guerra umanitaria, disponibilità grandi spazi per bombardamento, astenersi perditempo. E infatti gli eroici alleati non hanno sprecato mezzo secondo, si sono buttati nella mischia a razzi spianati.
La coalizione è talmente volonterosa che interpreta tutti i ruoli disponibili nel teatrino libico: buoni, cattivi, aggrediti e aggressori. Risultato, ormai è evidente anche agli orbi che trattasi della guerra più pazza del mondo, dove non si capisce chi combatte, come e quando. Sappiamo, appunto, che ci sono i ribelli e che il nemico è il perfido raìs. Stop. Il resto è un’assurdità continua. Va bene, la risoluzione Onu specifica che per difendere i civili si può fare qualsiasi cosa, ma una postilla andava inserita: fare qualsiasi cosa tranne le evidenti pirlate. Niente da fare, nel testo delle Nazioni Unite c’è scritto che vale tutto e quindi sono comprese anche le imbecillità.
Si uccide troppo poco
Gli alleati fanno le veci dei ribelli sparando sugli uomini del dittatore. Ma poiché le truppe del dittatore non si sa bene che diavolo stiano combinando (vincono, perdono, avanzano, si ritirano?), la coalizione spara anche sui ribelli, che non si sa mai. Ci stiamo facendo da soli tutto il conflitto, mentre i libici stanno a guardare e cercano di evitare i missili. La situazione è gravissima, dunque, ma per niente seria. Nei giorni scorsi i rivoltosi – così chiamati perché non si sa bene chi siano – si erano lamentati perché la Nato bombardava troppo poco. Ieri, per tutta risposta, i caccia si sono alzati e hanno sganciato ordigni a tappeto su Tripoli e altrove, accoppando fra l’altro un gruppo di rivoltosi vicino a Brega (almeno cinque, pare). Oh insomma, sono incontentabili questi ribelli! Se non bombardi si arrabbiano perché batti la fiacca. Se bombardi, si arrabbiano perché colpisci anche loro: la finiscano di scocciare!
Ci sarebbe da dire che pure loro non sono dei fulmini. Qualche giorno fa il fuoco amico della Nato ne ha spazzati via una quindicina, sempre nella zona di Brega. Motivo? I guerriglieri della domenica se ne stavano beati sui loro camioncini muniti di mitragliatore. Hanno visto gli aerei passare e massacrare un po’ di gheddafiani. Tra uno sgranocchia mento di pop corn e l’altro, hanno deciso di festeggiare la vittoria degli amici e hanno sparato in aria sventagliate di piombo. Piccolo inconveniente: i caccia hanno scambiato gli spari di gioia per contraerea, hanno fatto marcia indietro e hanno bombardato i militi festosi, sfasciando anche un’ambulanza, in un macello di morti e feriti.
Abbiamo capito che gli aerei è meglio lasciarli stare, specie dopo che gli Stati Uniti si sono fatti da parte e hanno scaricato le responsabilità sui guerra fondai d’Oltralpe e Oltremanica.
Allora, dice l’esperto, mandiamo le truppe di terra, perché senza non si ottengono risultati. Però poi, fanno presente gli Stati volenterosi, ci vengono a costare troppo, inoltre rischiamo di irritare la popolazione con una “invasione”. Ecco pronta la soluzione, suggerita ieri da alcuni spagnoli: utilizziamo mercenari. Niente, soldati, bensì i famosi contractors, che sarebbero assunti ufficialmente dal comitato libico e pagati da Paesi come il Qatar e gli Emirati. In realtà, i mercenari ci sono già, circa 300, secondo notizie fresche. Sentite la scusa con cui viene giustificata la loro presenza: erano parte di un team assoldato dalla società petrolifera SGSI e inviato in Libia a recuperare i dipendenti in pericolo nei primi giorni della crisi. Solo che i mercenari, invece di rientrare, pare si siano trovati benissimo nel deserto e abbiano deciso di restare lì, ad addestrare i ribelli al combattimento. Li avessero spediti alle Bahamas, oggi sarebbero tutti là ad addestrare i venditori di cocco.
I commandos della mutua
Vabbé, anche con i mercenari sono casini. Torniamo daccapo: meglio i soldati degli eserciti regolari. Mica tanto. Altra notizia di ieri: un commando di forze speciali francesi era stato mandato in Libia per contrastare i traffici illegali di armi e bloccare il terrorismo. Da giorni non si sa che fine abbia fatto: risulta che si sia perso. Roba da mettersi le mani nei capelli, le forze speciali che si perdono? Stiano attente, ché se passa un aereo francese e le vede così sfaccendate, le mitraglia.
Per riassumere: se non mandi gli aerei, i ribelli s’indignano. Se li mandi, ammazza anche loro. Se non mandi i soldati, non si vince. Ma se li mandi si perdono. Se mandi i mercenari a fare tutt’altro, quelli restano lì a fare la guerra. Ma che diavolo succede in Libia? È chiaro che questo maledetto conflitto nessuno ha voglia di risolverlo. Si bombarda un po’. Non si sa che fare con Gheddafi (ucciderlo? Dargli mezzo Paese e farla finita?). Non si sa chi sta vincendo. Non si sa nemmeno chi sta combattendo e con chi. Tutti sparano a tutti, ma in realtà non spara nessuno. L’unico dato certo è che l’Italia rischia di esplodere per l’invasione barbarica di immigrati dalla Tunisia, in nessun modo arginabile.
Ora, non vogliamo fare della facile ironia sul nostro Paese e sui suoi alleati. Ma ci pare che in questa situazione l’espressione “scemi diguerra” cada a pennello, dritta come una bomba della Nato.
Francesco Borgonovo