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 2011  aprile 08 Venerdì calendario

UE: ORA ENTRANO, UN LAVORO SERVE DOPO TRE MESI

È►un percorso minato, quello del confronto tra Italia e Francia sui tunisini che, da ieri, avranno il permesso di soggiorno per protezione umanitaria. La questione viene ora portata in sede europea ma è proprio dalle norme sulla circolazione –►a partire da quelle del trattato di Schengen –►che occorre partire. Il ministro dell’Intern o u, Roberto Maroni, sa bene di►gioca re►una partita che può avere spunti vincenti.

uIl permesso di soggiorno previsto ieri da un decreto del presidente del consiglio dei ministri, ai fini di protezione umanitaria, è di sei mesi e garantisce comunque tre mesi di libera circolazione negli stati di area Schengen. Dopo i primi tre mesi, in teoria, l’immigrato che ha valicato i nostri confini potrebbe tornare in Italia e continuare a godere della protezione umanitaria o, invece, rimanere nello stato in cui risiede –►la Francia, per esempio –►se rispetta una serie di condizioni. Oltre all’assenza di rilievi di tipo penale e al possesso di un documento di identità, in sostanza deve avere una dimora dignitosa e un reddito sufficiente a garantire il suo sostentamento. Una condizione, quest’ultima, giustificata dal fatto di non dover gravare sul sistema di welfare dello stato ospitante.

Nei fatti, però, la pretesa di far rispettare queste condizioni e di espellere gli immigrati, in caso di assenza di requisiti, è sempre stata considerata con grande diffic o ultà. Diversamente non si spiegherebbe perch é►molti insediamenti rom continuano ancora a esserci, nonostante tutte le proteste e i problemi che possono insorgere. Maroni conosce bene queste problematiche. C’è di più. Il riconoscimento di protezione umanitaria rende ancor più problematico un intervento, a posteriori, di espulsione o comunque vessatorio. Ecco perché la Francia strepita ora: sa che con molti problemi povrebbe poi riportare oltre frontiera i tunisini entrati a pieno titolo nel suo territorio.

Il ministro dell’Interno, a questo punto, alza però la posta e gioca anche una partita più difficile e dall’esito, con buona probabilità, negativo: ottenere dall’Unione europea il riconoscimento europeo della bontà della scelta italiana. Il meccanismo sarà verificato presto, lunedì prossimo: in occasione della riunione di tutti i ministri dell’Interno dell’Ue il titolare del Viminale chiederà l’attivazione – sarebbe la prima volta in Europa – del meccanismo di protezione temporanea dei rifugiati previsto dalla direttiva 55 del 2001, quella cioè che prevede l’accoglienza di chi necessità di protezione internazionale. Di fatto, dunque, di estendere a livello europeo la decisione già adottata ieri dal governo italiano. La domanda di attivazione del meccanismo di protezione temporanea deve essere rivolta alla Commissione europea, l’istituzione che ha il compito di presentare una proposta formale ai ministri Ue. La proposta deve poi essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata ma al momento, secondo una serie di osservatori qualificati, si è «molto lontani» dal raggiungere questa condizione.

È l stesso Maroni, in Parlamento, ad ammetterlo: « lLa maggioranza degli Stati lUe è contraria. L ’ lattivazione della direttiva - ha spiegato - prevede una serie di passaggi burocratici che non so quando lpotranno essere conclusi, ma il problema è che la maggioranza degli Stati è contraria perchè il provvedimento è l ’ laffermazione del principio della condivisione degli oneri, con la redistribuzione dei migranti su tutto il territorio europeo, il " lburden sharing " l. C lredo che ci lsaranno problemi, anche se la commissaria Cecilia Malmstrom e lil Parlamento europeo sono d ’ laccordo » l.