Daniel Gros, Il Sole 24 Ore 8/4/2011, 8 aprile 2011
LEZIONI USA PER L’EUROPA
Nel 2007-2008, quando la crisi finanziaria era ancora chiamata la "crisi dei subprime", gli europei si sentivano superiori agli Stati Uniti. I banchieri europei avevano di sicuro il buonsenso di non erogare i cosiddetti prestiti Ninja ("No income, no job, no asset", "niente reddito, nessun lavoro, nessun asset", ndt). Di questi tempi, tuttavia, gli europei hanno ben pochi motivi per essere compiaciuti di sé. I politici del Vecchio Continente, infatti, sembrano incapaci di venire alle prese con la crisi debitoria della zona euro.
Tenuto conto delle molte somiglianze tra le caratteristiche di fondo delle due crisi, le leadership europee dovrebbero aver tratto i debiti insegnamenti dall’esperienza degli Usa. Il primo di essi è che malgrado il volume complessivamente limitato dei prestiti subprime, quella crisi è potuta esplodere nella più grande crisi finanziaria a memoria d’uomo perché il sistema finanziario già eccessivamente teso è stato incapace di affrontare e sostenere perfino perdite assai limitate.
N ello stesso modo, il debito complessivo di Grecia, Irlanda e Portogallo è relativamente esiguo per l’economia della zona euro, ma il sistema bancario europeo è tuttora talmente debole che i problemi d’indebitamento di questi Paesi possono provocare una crisi sistemica.
Il secondo insegnamento è che per affrontare con successo una crisi finanziaria è necessaria, immediatamente e tempestivamente, una forte liquidità. Quindi, una volta che il sistema finanziario si sarà stabilizzato, occorrono la ristrutturazione del debito e al contempo la ricapitalizzazione. La Ue ha seguito questa formula?
Dopo qualche esitazione iniziale, l’Europa ha dimostrato di poter gestire sapientemente la prima fase, con un’iniezione di liquidi per scongiurare il crollo sistemico. Grecia e Irlanda hanno ricevuto i finanziamenti quando sono rimaste escluse dal mercato dei capitali. All’ultimo vertice Ue è stata annunciata la creazione di un Meccanismo di stabilità europeo (Esm), una sorta di Fondo monetario europeo dotato dell’effettiva capacità di erogare prestiti per 500 miliardi di euro.
Questa somma equivale a 700 miliardi di dollari circa, dunque alla medesima colossale cifra stanziata per il Troubled Asset Relief Program (Tarp), istituito alla fine del 2008 per evitare che i mercati finanziari statunitensi collassassero. L’Esm potrebbe anche essere adeguato a reagire all’indebitamento pubblico della Spagna, anche se si tratterebbe di uno sforzo non indifferente.
Nondimeno, proprio come il Tarp da 700 miliardi di dollari non riuscì a placare il nervosismo dei mercati finanziari nel 2008, così i 500 miliardi di euro dell’Esm paiono non aver fatto granché impressione agli investitori. Negli Usa si è arrivati al punto di svolta quando sono stati disposti dalle autorità gli stress test delle banche alla fine del 2009. I test sono stati ritenuti affidabili. In realtà, i loro risultati hanno indotto le autorità statunitensi a costringere numerose delle banche più importanti ad aumentare il loro capitale.
Ciò non è accaduto nella versione europea dell’anno scorso degli stress test statunitensi, ed è improbabile che gli stress test in Europa siano quest’anno più severi. La ragione è semplice: le autorità americane hanno controllato se le loro banche fossero o meno in grado di sopravvivere a quel genere di recessione che il mercato teme pressoché sempre. Al contrario, le autorità europee si sono rifiutate di verificare lo scenario che il mercato attualmente teme più di qualsiasi altra cosa: perdite dovute a prestiti erogati a banche o Governi di Stati alla periferia d’Europa.
Un terzo insegnamento si potrebbe trarre da un aspetto tenuto in scarsa considerazione e tuttavia cruciale nell’esperienza statunitense: ridurre l’indebitamento è relativamente facile negli Usa, in quanto la clausola di non rivalsa della maggior parte dei mutui limita il saldo dei propri obblighi al valore della propria casa. Oltre a ciò, il codice fallimentare statunitense può estinguere il debito dei clienti nel giro di pochi mesi.
Naturalmente, negli Stati Uniti i milioni di fallimenti personali e di preclusione del diritto di riscatto delle ipoteche sulle case non sono stati granché popolari, ma hanno costituito pur sempre e in ogni caso un alleggerimento dal debito, consentendo così alle famiglie di ripartire da zero. Questo flusso costante di alleggerimento del debito consente alla spesa al consumo negli Usa di riprendersi lentamente.
Al contrario, la ristrutturazione del debito per le banche o i Governi è politicamente inaccettabile in Europa. Ciò comporta il fatto che la crisi probabilmente durerà più a lungo che negli Stati Uniti, perché le famiglie in Spagna o Irlanda dovranno lavorare per decenni per onorare le rate del mutuo di case che non si possono più permettere. Il Governo greco, inoltre, si trova davanti a una serie pressoché infinita di tagli al bilancio, e ciascuna fase sarà sempre più difficile della precedente a mano a mano che l’economia si avviterà su sé stessa in un buco nero.
L’alleggerimento del debito ha creato meno problemi alle banche degli Stati Uniti perché una significativa percentuale dei prestiti subprime confezionati in titoli classificati AAA è stata venduta all’estero a creduloni. Una buona percentuale delle perdite dovute ai prestiti subprime è stata pertanto sostenuta dalle banche dell’Europa del Nord, così che questi istituti bancari si ritrovano ora nella condizione di non poter subire ulteriori perdite per i prestiti concessi ai Paesi periferici europei. Ma questo dovrebbe indurre necessariamente a un vigoroso programma di ricapitalizzazione, e non a fiacchi stress test.
L’Europa sta facendo un errore madornale, permettendo che due elementi fondamentali atti a risolvere la crisi - per la precisione la ristrutturazione del debito e veri stress test per le banche - restino argomento tabù. Finché i prossimi vertici della Ue persisteranno in questo errore, la crisi si esacerberà e si espanderà, e alla fine arriverà a mettere a rischio la stabilità dell’intero sistema finanziario della zona euro.