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 2011  aprile 08 Venerdì calendario

ACCATTONAGGIO, I SINDACI NON POSSONO VIETARLO

Stop al ’diritto creativo’ dei sin­daci. Sono, infatti, illegittimi gli ampi poteri di ordinanza dei sin­daci previsti dal ’pacchetto sicurezza’ del governo Berlusconi. In particolare nella parte in cui si consente l’adozio­ne di misure a tempo indeterminato su temi di sicurezza urbana come i di­vieti di accattonaggio anche al di fuo­ri di casi d’urgenza. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale bocciando l’arti­colo 54 comma 4 della legge 125 del 2008. «Si tratta di un errore – commenta il ministro dell’Interno, Roberto Maro­ni –. Ripristineremo al più presto il po­tere di ordinanza dei sindaci».
A sollevare la questione dinanzi alla Consulta è stato il Tar del Veneto, cui si era rivolta l’associazione ’Razzismo stop’ contro l’ordinanza anti-accatto­naggio del sindaco di Selvazzano Den­tro, analoga a tanti provvedimenti pre­si da altri comuni proprio dopo l’ap­provazione del ’pacchetto’. I giudici, con la sentenza n. 115 hanno ritenuto violati gli articoli 3, 23 e 97 della Costi­tuzione riguardanti il principio di e­guaglianza dei cittadini, la riserva di legge, il principio di legalità sostanzia­le in materia di sanzioni amministra­tive.
Le ordinanze dei sindaci, così come previste dal ’pacchetto sicurezza’, af­ferma la Corte, incidono «sulla sfera ge­nerale di libertà dei singoli e delle co­munità amministrate, ponendo pre­scrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti». Ma questo, sentenzia la Consulta, non è possibile. «La Costitu­zione italiana – prosegue il documen­to – ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità, ri­chiede che nessuna prestazione, per­sonale o patrimoniale, possa essere im­posta, se non in base alla legge», così come previsto dall’art. 23 della Carta. Le ordinanze però non sono leggi. Per­tanto, spiega la Corte, «nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci non limitato ai casi contingibili e urgenti», il ’pacchetto’ «viola la riserva di legge relativa» perché «non prevede una qua­lunque delimitazione della discrezio­nalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comporta­menti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati».
E c’è di più. Perché non solo «incide negativamente sulla garanzia di im­parzialità della pubblica amministra­zione », ma lede anche il principio di e­guaglianza dei cittadini davanti alla leg­ge (art. 3 della Costituzione). Questo perché «gli stessi comportamenti po­trebbero essere ritenuti variamente le­citi o illeciti, a seconda delle numero­se frazioni del territorio nazionale rap­presentate dagli ambiti di competen­za dei sindaci». Comportamenti vieta­ti in un comune e consentiti in quello vicino. Dunque, insiste la Corte, «vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera ge­nerale di libertà, che possono consi­stere in fattispecie nuove e inedite, li­beramente configurabili dai sindaci, senza base legislativa». Troppo potere, quindi, in mano ai sindaci che con­sente di adottare «restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molte­plici, non riconducibili ad una matri­ce legislativa unitaria». Una sorta di ’di­ritto creativo’.