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 2011  aprile 07 Giovedì calendario

Ecco il Facebook dei milionari: un club per pochi e solo su invito - Sono network, ma social fino a un certo punto

Ecco il Facebook dei milionari: un club per pochi e solo su invito - Sono network, ma social fino a un certo punto. Nel sen­so che la socialità si calibra sul conto in banca: che deve essere ben rifornito, verifica­to, esibito come prova. Altri­menti niente amicizia, per­c­hé il Facebook dei ricchi fun­ziona così: è esclusivo, quindi seleziona; è elitario, quindi odia la massa. È il contrario del Facebook dei comuni mortali che, in teoria, punta ad avere un numero infinito di contatti da aggiungere alla lista degli «amici». Su questi siti l’accesso è riservato a po­chi paperoni, oppure a qual­che azienda di lusso o banca d’affari a caccia di clienti po­tenziali. Stop. Tutti gli altri non sono benvenuti, welco­me sì, ma solo se il portafoglio ti fa meritare di varcare quella soglia virtuale. Le comunità elitarie del web sono come i vecchi club inglesi, quelli in cui non era ammessa una donna nean­che fosse la regina, e in cui il patrimonio era tutto: lì i soldi neanche bastavano, serviva­no il lignaggio, l’albero genea­logico, la terra. Ma oggi questi luoghi di incontro non esisto­no più, quelli che ancora resi­stono sono in crisi, perfino i miliardari non ci si trovano più a loro agio. Perché i club sono costretti ad aprirsi al mondo, che li ha contamina­ti. Lo storico «Garrick» di Lon­d­ra ancora si ostina a non am­mettere le signore (se non ac­compagnate da un maschio certificato), ma questo attac­camento alla tradizione ha portato alla rottura del gemel­laggio con il «Century» di New York, che una ventina di anni fa ha deciso di femmini­lizzarsi. Ora le associate sono già un quarto dei membri. Può sembrare uno screzio da poco, ma è il sintomo di una realtà che trova sempre meno spazio.Eppure l’esigen­za rimane: i miliardari hanno voglia di ritrovarsi, chiacchie­rare e fare affari in tutta tran­quillità. E come milioni di per­sone possono farlo su inter­net, ma senza perdere lo sta­tus. I siti per soli ricchi garanti­scono la privacy: su questi Fa­cebook d’élite i manager si scambiano informazioni, gli avvocati e i finanzieri trovano clienti, imprenditori e gente varia del bel mondo organiz­zano eventi per beneficenza, per denaro, per mondanità. Pare per esempio che tra i fre­quentatori ci siano Paris Hil­ton, Naomi Campbell e Quen­tin Tarantino. L’Internatio­nal Herald Tribune spiega in prima pagina che queste com­munity (come Pi Capital, Pe­ers, Family Bhive, Affluence. org) catturano gli ultraricchi perché loro sono fra i primi a adorare e utilizzare le tecnolo­gie, innanzitutto perché han­no i soldi per comprarsele, o magari qualcuno gliele rega­la, e poi perché non amano re­stare indietro. E ora c’è chi pensa di fare fortuna anche in questo settore, magari per en­trare poi a fare parte della community a pieno titolo. Co­me del resto potrebbe essere membro onorario il padre di Facebook Mark Zuckerberg, che col suo sito aperto a tutti, spiantati, danarosi e brutti ha guadagnato dollari a palate. Ma anche i suoi emuli esclu­sivi se la cavano bene, secon­do l’ Herald Tribune . David Giampaolo, che dalla Florida è andato a Mayfair per creare Pi Capital, una specie di club per investitori, dice che i gua­dagni funzionano. L’impor­tante è controllare sempre i patrimoni. Il sito Family Bhi­ve, che la fondatrice Caroline Garnham ha ribattezzato «Fa­cebook per i fortunati» (si in­tende come reddito), ha già 700 membri, tutti suddivisi in base alla «fortuna», appunto: alla categoria «jet» appartie­ne chi possiede più di cento milioni di sterline (il quattro per cento degli iscritti), «gia­da » è riservata a chi vanta fra i venti e i cento milioni (il tredi­ci per cento), «ambra» è per chi conta fra cinque e venti mi­lioni (l’ottanta per cento, la massa, pure qui). A differen­za di Pi Capital, dove associar­si costa mille sterline e ogni anno bisogna sborsarne quat­tromila di abbonamento, l’iscrizione a Family Bhive è gratuita per i ricconi, mentre le aziende devono pagare un minimo di diecimila sterline l’anno. In cambio entrano in contatto con possibili clienti vip, celebrità, manager, politi­ci, aristocratici. Ma nessuno si scandalizza del conflitto di interessi, sono gli stessi mem­bri del club a voler fare affari: per esempio su A small wor­ld, altra comunità on line «so­lo su invito», belli e famosi si scambiano consigli su spiag­ge e locali esclusivi, su come comprare una Lamborghini o affittare una villa negli Hamptons. Questioni prati­che, quasi da forum qualun­que.