Antonio Dini, Nòva24 7/4/2011, 7 aprile 2011
LIBRI PER BIMBI FORMATO APP
L’hanno chiamata «generazione Angry Birds». La generazione di quelli nati con le app, si potrebbe dire. E abituati a leggere in maniera totalmente diversa dalla nostra: muovendo gli occhi ma tenendo ben aperte anche le orecchie e interagendo con le dita.
I bambini e i ragazzi di oggi cambiano perché è cambiato il mondo attorno a loro: il vero salto culturale è quello che devono fare gli adulti nelle case editrici, a pena venir superati da destra e da sinistra. Lo dimostrano i "books to play", i libri con cui giocare. Non sono una novità: da sempre il libro per bambini è più sperimentale e interattivo. La carta per i più piccoli è riuscita a diventare ipertestuale (libri-game), multimediale (libri e canzoni), tridimensionale (libri da montare), interattiva (libri da colorare). Ma adesso arrivano le apps. E la transizione fra la generazione Game Boy diventa la generazione Angry Bird, che invece si muove sullo schermo dell’iPad e con questo gioca e interagisce. E il libro? In questo caso parte dal lato del gioco, non della carta o del televisore.
Peccato che gli editori tradizionali siano molto, molto indietro. A Bologna, dove si tiene ogni anno la più grande fiera al mondo di editoria per bambini e ragazzi, sono arrivati esperti, osservatori, giornalisti e blogger da tutto il mondo. L’editore O’Reilly ha portato la prima edizione italiana del suo Toc ("Tools of change") e, tra gli ospiti statunitensi e britannici, gli osservatori e i blogger americani hanno apprezzato soprattutto l’unica voce italiana: Laura Donnini, da poco direttore generale di Mondadori libri, che con franchezza ha dato i numeri di apps ed eBook e parlato del mercato di questi prodotti ancora troppo piccolo in Italia.
Nei 20mila metri quadri della fiera di Bologna 1.300 espositori e 4.623 operatori da 67 paesi diversi avevano in mano poca o nessuna tecnologia. Solo pochi iPad (strumento oramai monopolista, nella mente degli editori) e qualche app da mostrare. Tra le eccesioni: l’italiana Piemme. «Oggi il pubblico – dice il direttore generale Giovanni Francesio – è ancora ridotto, ma non valuta solo i contenuti: guarda anche la creatività e l’innovatività delle apps che noi editori facciamo. Dobbiamo trovare strumenti di comunicazione diversa e tenere il prezzo più basso che si può». Se, invece di cercare tra gli editori, si guarda nei computer le novità saltano fuori. Sameer Shariff, a.d. di Implesys, è venuto dall’India per fare business: la sua azienda realizza software per piattaforme diverse, compreso tutto Sesame Street su iPad. «Bisogna distinguere tra libri digitali e via internet: sfruttare la rete è di capitale importanza, permette di raccogliere, andare incontro al pubblico e costruire la conversazione».
«Il 66% dei bambini – dice Cristina Mussinelli, responsabile del l’area digitale dell’associazione degli editori italiani (Aie) – legge anche altri libri oltre quelli di scuola. Il pubblico c’è. Ma adesso sono i canali digitali ad avere la prevalenza: e bisogna pensare che le persone che leggono di più sono quelle che usano meglio la tecnologia, non c’è esclusione».
Elastico Srl, piccola agenzia di comunicazione italiana, ricrea un geniale Pinocchio, paragonabile ad Alice nel paese delle Meraviglie del l’americana Atomic Antelope: nessuna delle due però è una casa editrice. Le app che seguono questa genesi sono sempre di più: Nursey Rhymes with StoryTime, Face Time with Mage Nuttimugs (il bambino è nella storia grazie alla videocamera), Cozmo’s Day Off.
Un agente letterario che preferisce restare anonimo dice: «Se le grandi case editrici avessero investito anche in ricerca e sviluppo, oggi, anziché solo dei grafici, magari potrebbero avere anche qualche programmatore. È come se nel Settecento gli editori si rifiutassero di avere a che fare con i tipografi, e volessero duplicare i libri a mano nei loro uffici. Così, non si va molto lontano».