Pietro Saccò, Avvenire 6/4/2011, 6 aprile 2011
La guerra dell’energia? Ora si gioca sul nuovo gas Da un po’ di tempo da Washington arrivano notizie che fanno morire di invidia i governi di mezzo mondo
La guerra dell’energia? Ora si gioca sul nuovo gas Da un po’ di tempo da Washington arrivano notizie che fanno morire di invidia i governi di mezzo mondo. Prendete l’ultima, datata 1° aprile: tra il 2007 e il 2010 gli Stati Uniti hanno ridotto le importazioni di gas naturale di un terzo; nello stesso periodo la quota di metano straniero sul fabbisogno nazionale si è quasi dimezzata scendendo all’11%, il minimo dal 1992. Non è merito dello sviluppo di altre fonti di energia. Il fatto è che gli americani hanno scoperto di avere sotto i piedi abbastanza gas naturale per andare avanti almeno un altro secolo. Lo chiamano shale gas, o gas non convenzionale, ed è al centro di una rivoluzione che con incredibile rapidità sta aprendo una nuova fase nella storia dell’energia. L’insperata cuccagna a stelle e strisce consiste in pietre argillose che da decine di milioni di anni riposavano indisturbate sottoterra. Tutti sapevano da tempo che queste rocce c’erano e che contenevano gas naturale. Ma solo nell’ultimo decennio geologi e ingegneri hanno trovato il modo di portare in superficie quel gas a cifre competitive. Serve un sistema appunto ’non convenzionale’, perché non basta fare il pozzo e raggiungere le pietre. Bisogna romperle perché liberino il gas. Quindi si trivella il pozzo, dopodiché si inetta in profondità un liquido ad alta pressione a base di acqua, sabbia e sostanze chimiche che spacca le rocce, creando delle fratture dalle quali esce il metano, che a quel punto risale in superficie. Le stime dell’Eia (l’ente di ricerca del dipartimento dell’Energia Usa) dicono che negli Stati Uniti ci sono 23mila miliardi di metri di cubi di gas non convenzionale. Un’enormità. Agli attuali livelli di consumo basta a coprire il fabbisogno americano per più di un centinaio di anni. È la svolta, ed è velocissima: a poco più di cinque anni dalle prime estrazioni oggi lo shale gas copre già un quinto dei consumi nazionali. Il prezzo del gas è crollato e i rigassificatori costruiti in tut¬ta fretta negli anni passati per mettere al sicuro le forniture degli Usa restano fermi, perché non serve più portare il gas straniero nel Paese. Molti stanno chiedendo la licenza per esportare la materia prima. Oltre l’Atlantico sta cambiando tutto, gli Stati Uniti non hanno più bisogno di rivolgersi a interlocutori poco affidabili per ottenere l’energia che spinge la crescita e l’Europa – che invece è sempre a trattare tra Russia e Nordafrica – vuole capirci qualcosa. Possibile che questa fortuna sia toccata tutta agli yankee? No, e infatti ci sono grandi bacini di pietre scistose anche in Polonia, Ucraina, Svezia e Germania. Secondo le stime più recenti del centro di ricerca inglese Ihs in Europa abbiamo riserve di gas non convenzionale per 173mila miliardi di metri cubi. Da qualche anno i tecnici delle multinazionali del petrolio stanno studiando la situazione per capire se l’esempio americano è replicabile anche da noi. Gli ottimisti dicono che la produzione potrebbe iniziare già nel 2012, ma in realtà ancora non c’è nulla di certo. Le italiane Eni e Sorgenia sono al lavoro nella promettente Polonia, che non a caso il 14 aprile ha organizzato un seminario sullo shale gas a Roma. «Ci siamo resi conto che in Italia lo shale gas è ancora un argomento poco trattato» ha spiegato l’ambasciatore Wojciech Ponikiewski invitando le nostre aziende a non farsi sfuggire questa occasione. L’Europa però ci sta andando cauta, perché gli Stati Uniti stanno scoprendo che il nuovo gas porta con sé anche dei rischi. Non è chiaro se i liquidi utilizzati per rompere le pietre possano in¬filtrarsi nelle falde acquifere contaminando l’ac¬qua. Un pericolo che una terra ad alta densità di popolazione non può correre. Lo Stato di New York, dove si trova parte dell’enorme giacimen¬to Marcellus, sulla base di questa incertezza ha deciso di sospendere l’attività di ’fratturazione idraulica’ fino a luglio, per consentire di stu¬diarne gli effetti. Passerà anche da queste rispo¬ste la grande rivoluzione dell’energia globale.