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 2011  aprile 07 Giovedì calendario

ORA IL PORTOGALLO S’È ARRESO: «CI SERVE IL SALVATAGGIO UE»

Adesso che ha dato le dimissioni e non ha più un punto d’onore da difendere, il governo del Portogallo ammette che il ricorso agli aiuti dell’Unione europea è indispendabile per salvare l’economia del Paese. Lo ha annunciato ieri sera, dopo una riunione straordinaria dell’esecutivo, il premier José Socrates: «Abbiamo deciso di rivolgere alla Commissione europea una richiesta di assistenza finanziaria».

Accettare aiuti dall’Ue, nella forma di un bel pacco di miliardi, può non sembrare un gran sacrificio, tutt’altro, e invece lo è, perché i Paesi costretti a farsi finanziare dall’Europa poi sono obbligati a presentare pesanti programmi di austerità per garantire il rimborso dei prestiti, e questo danneggia politicamente i governi, sia perché l’austerità in sé non ha mai reso popolare nessuno, sia perché questa specifica austerità ha tutta l’aria di un commissariamento da parte di Bruxelles, e infatti lo è, perché serve a garantire agli altri Paesi dell’euro (a partire dalla Germania) che la moneta comune non verrà minata dai comportamenti lassisti degli Stati più deboli.

«Questo è il momento per tutti di assumerci le nostre responsabilità davanti al Paese» ha detto Socrates, esortando l’opposizione di centrodestra ad apoggiare l’ex governo socialista nella trattativa con Bruxelles. Le elezioni (anticipate) saranno il 5 giugno.

Dopo il taglio del rating sul debito statale da parte di Moody’s, ieri il Portogallo è riuscito a collocare un miliardo di titoli di Stato solo a prezzo di un forte rialzo dei tassi di interesse; e in giornata la stessa agenzia ha rincarato la dose tagliando il rating anche ai debiti delle città portoghesi.

L’annuncio di Socrates arriva alla vigilia di un importantissimo appuntamento: l’Ecofin informale che domani e dopodomani si svolgerà a Budapest. Trovare una soluzione alla crisi portoghese è l’obiettivo numero uno dei ministri delle Finanze e dei governatori centrali europei (per l’Italia ci saranno Tremonti e Draghi).

Ieri la banche portoghesi hanno accentuato il pressing sul governo perché avanzi urgentemente all’Ue una richiesta di attivazione del Fondo salva-Stati, per neutralizzare il rapido incremento dei tassi di interesse e calmare i mercati. Ma ieri sera si ipotizzava che il governo non chieda subito l’intervento del Fondo ma un prestito-ponte fino alle elezioni di giugno, e tale domanda potrebbe essere rivolta non all’Ue ma a singoli Stati. Una soluzione un po’ pasticciata.

Il commissario europeo agli Affari Economici e Monetari, Olli Rehn, ha definito la decisione del governo portoghese un «passo responsabile per la stabilità dell’Eurozona».

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l Portogallo sta affrontando una grave crisi senza nessuno al comando e le sue banche stanno diventando nervose. Il primo ministro si è dimesso, le elezioni sono fra due mesi e il destino del Paese è nelle mani di un team di tecnici che deve rimborsare 10 miliardi di euro di obbligazioni prima dell’elezione di un nuovo parlamento.

Le banche del Portogallo ne hanno avuto abbastanza. Stanno minacciando di boicottare il debito del governo, a meno che non chieda un prestito per coprire le sue necessità nei prossimi due mesi, prima di un salvataggio che, a quanto pare, sarà inevitabile quando il Paese avrà un governo vero e proprio. La logica è dalla parte delle banche. Il Portogallo ha bisogno di tempo per riformare la sua economia e gli attuali costi dell’indebitamento sono eccessivi.

Inoltre, le banche hanno i loro problemi. Secondo Citigroup, a gennaio detenevano 18,8 miliardi di euro del debito del loro governo, meno del 4 per cento degli asset. Ma da allora potrebbero averne acquistato di più e si guardano bene dall’assumere ulteriori rischi con gli incombenti test di stress. Le banche temono inoltre che le condizioni possano peggiorare. Esse dipendono dalla Banca centrale europea per i finanziamenti. Il forte aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e le revisioni al ribasso dei rating aumenteranno i requisiti di margine. A un certo punto, il forte crollo del rating del credito statale potrebbe preoccupare i depositanti delle banche. Non ci sono segnali di una fuga, sebbene un deflusso dei depositi aziendali di quasi 4 miliardi di euro - il 10 per cento del totale - a gennaio non aiuti.

I banchieri parlano di un prestito di emergenza di 15 miliardi di euro. Al governo servono solo circa 13 miliardi di euro per coprire i riscatti delle obbligazioni, i pagamenti delle cedole e il disavanzo fino a luglio. Il Portogallo potrebbe esitare, raccogliere denaro sui mercati a rendimenti punitivi, chiedere l’elemosina ai fondi sovrani o rapinare i forzieri della sua previdenza sociale. Quando la politica fallisce, è l’economia a dover trovare una soluzione.

Per approfondimenti: http://www.breakingviews.com/ (Traduzioni a cura del Gruppo Logos)