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 2011  aprile 07 Giovedì calendario

IL PAESE CHE NON VUOLE AMMINISTRATORI GIOVANI

Nicola Chionetti è da due anni sindaco di Dogliani. Nel 2009 ha inflitto al suo rivale Ettore Mario Ponzo un pesantissimo e inatteso 67% a 33%. Quel paese di 4.799 abitanti del Cuneese era in mano alla stessa amministrazione ininterrottamente dal 1990, e i suoi cittadini sono arrivati alla conclusione che dopo 19 anni era arrivato il momento di cambiare. Delle due liste civiche in lizza, hanno scelto quella del sindaco ragazzino. Chionetti è un democratico della «componente» di Rosy Bindi, ma è sostenuto da un’alleanza, dice, «trasversale». E poi è il sindaco più giovane d’Italia: il primo maggio compie 25 anni. Una mosca bianca.
Nati come lui prima del 1981, quindi non ancora trentenni, ce ne sono appena 70. Settanta su 8.094, tanti sono i Comuni italiani, è lo 0,86%. E tutti nei piccoli centri. Gli under 35 arrivano invece a 500, cifra tonda. Ma siamo pur sempre intorno al 6% del totale. Una percentuale infima, se si considera che in Italia, Paese europeo fra i più vecchi in assoluto, gli abitanti che hanno meno di 35 anni sono il 27%: quattro volte e mezzo di più. Per giunta, di sindaci non ancora trentacinquenni alla guida di una città con oltre 60 mila abitanti ce n’è uno soltanto: il primo cittadino di Pavia Alessandro Cattaneo, classe 1979. Erano due fino all’ 11 gennaio scorso, quando il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha compiuto 36 anni, lasciando così Cattaneo in splendida solitudine.
Ma questa è l’Italia. Paese con una classe dirigente anziana e incapace, se non con molte difficoltà, di rinnovarsi. E nel quale i due terzi degli under 35, come starebbe a dimostrare un sondaggio dell’Ispo per il ministero della Gioventù, mostra una sfiducia pressoché assoluta nelle istituzioni. Sfiducia motivata anche da numeri avvilenti, se si pensa che a Montecitorio i deputati eletti quando non erano ancora trentacinquenni sono appena il 2% del totale e i senatori con meno di 50 anni rappresentano un misero 19% dell’assemblea di palazzo Madama.
Nonostante questo c’è chi si ostina a vedere il bicchiere mezzo pieno. Sottolineando, per esempio, che il numero dei «giovani» amministratori comunali è passato in tre anni dal 18,7% al 21,2%. Dove per amministratori si intende consiglieri comunali, assessori, vicesindaci, sindaci. In tutto, 26.654 su 125.949. Il massimo nel Trentino-Alto Adige, con il 26%. Il minimo in Liguria, con il 15,3%. Domani a Taormina comincia l’assemblea di Anci Giovane, la consulta nazionale degli amministratori locali under 35 e si parlerà di questo. Sul tavolo ci sarà uno studio ancora inedito targato Cittalia (il centro ricerche dell’associazione dei comuni presieduta da Sergio Chiamparino) che contiene numeri impressionanti come quelli appena raccontati.
La realtà è che, pure numericamente in crescita, i giovani amministratori continuano a essere pesi leggeri. Non conta nulla il fatto che siano nettamente più istruiti dei loro colleghi anziani, visto che il 90% è in possesso di una laurea o di un diploma di scuola media superiore. Basta dire che un quarto dei «giovani» amministratori è confinato in paesi con meno di 2.000 anime. Che oltre un quinto dei 500 sindaci under 35 ha 34 anni. Che l’incidenza degli under 25 sul totale degli amministratori «giovani» non raggiunge l’uno per cento. Che l’89% dei sindaci non ancora trentacinquenni è alla guida di Comuni con una popolazione che non arriva a 10 mila abitanti. Che gli under 35 nelle città di dimensione maggiore sono lo 0,45% di tutti i 26.654 giovani amministratori: non più di 122. E che gli assessori under 35 nelle città con oltre 250 mila residenti sono appena cinque: due a Bari e uno rispettivamente a Napoli, Catania e Verona. Tre uomini e due donne.
E qui veniamo alla nota decisamente più dolente. Dei 26.654 «giovani» amministratori, le donne non sono che 7.191. Cioè il 27% del totale. Ma la quota rosa scende al di sotto del 15% fra gli under 35 sindaci: 74 su 500. Vero è che il 34% degli amministratori comunali donna non ha ancora 35 anni. Ma se si considera l’universo dei municipi italiani, senza quindi particolari distinzioni anagrafiche, la presenza femminile è limitata a 23.654 unità, cioè il 18,7% del totale. Le poltrone di sindaco occupate da una donna sono 880, pari al 10,9%, contro l’89,1% di quelle occupate dagli uomini. Le donne nei Comuni hanno quindi una rappresentanza ancora decisamente inferiore, in proporzione, rispetto al Parlamento: dove spetta loro appena il 20% dei seggi (il 21,1% alla Camera e il 18% al Senato). La strada è ancora lunga.