Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 06 Mercoledì calendario

TYSON, IL RAGAZZO CHE NON PARLA


Ha vagato per due giorni, Clark, l’autistico che comunica col mondo posando la sua mano sulla fronte di chi lo ispira. Da venerdì scorso era scomparso da Roma, un intero quartiere lo cercava. Mamma e papà erano disperati. Quando a Settecamini, dove abita e dov’è soprannominato Tyson, hanno saputo che era stato rintracciato a Caserta hanno fatto festa. Quel ragazzone di colore di 17 anni, sotto la scorza del suo metro e 70 e della sua corporatura da uomo, è un bambino indifeso.
Amato da tutti. Anche se riesce a rispondere solo alla domanda “come ti chiami?” e magari, se è felice, riesce anche a canticchiare. Poi il silenzio lo risucchia. Per due giorni il suo silenzio ha risucchiato la sua famiglia e un intero quartiere.
Qualcuno però a Caserta si è accorto di lui, l’ha notato solo e spaesato. E se n’è curato. Non si è voltato, non ha fatto finta di niente. Gli ha dato da mangiare, poi ha avvertito i carabinieri, dai quali è stato portato in ospedale. E qui altra gente l’ha riconosciuto, raccogliendo gli appelli lanciati dalla mamma.
S’era allontanato innervosito, colpa di un equivoco, la chiave che non entra nella toppa di casa, la nonna che non è rientrata. Una corsa in stazione. Un treno che parte. Dove, non si sa. Tyson c’è salito sopra. A lui piacciono tanto i treni, ha raccontato la madre, ma non sa muoversi da solo. Muto e chiuso nel suo mondo, forse ha cercato un volto amico, occhi di cui fidarsi, sguardi a cui affidare il suo smarrimento. Per ritrovare la strada aveva bisogno di un’umanità speciale, un po’ come è lui. Poteva imbattersi nell’indifferenza che ammala la gente normale, quando non sa riconoscere il dolore nell’altro, la richiesta di aiuto, tutta presa com’è dal suo, di mondo. Invece c’è vita ancora sulla terra, il grido di dolore dell’altro a volte arriva. Un uomo che vende panini ha guardato Tyson con l’attenzione e la tenerezza che agli estranei spesso non si riserva.
Mamma e Papà ora festeggiano. Il ragazzone bambino è tornato. Non parla, ma ha fatto un’esperienza tutta sua. Il suo silenzio ora parla a tutti noi. E ci dice che un mondo che sa ascoltare il silenzio è un mondo più felice.

Raffaella Troili