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 2011  aprile 06 Mercoledì calendario

GLI INSORTI INIZIANO A VENDERE IL PETROLIO


I ribelli libici possono esportare petrolio, ma non possono mandare armi e rifornimenti a Misurata. Le contraddizioni della coalizione internazionale a guida Nato esplodono nella diversa sorte di due navi. L’una è la Ecuator: petroliera con bandiera liberiana ma di proprietà della società greca Dynacom Tankers Managment, che è partita dalla egiziana Port Said alla volta del terminale petrolifero di Marsa el-Hariga, nei pressi di Tobruk. Con la capacità di un milione di barili, ai prezzo correnti 125 milioni di dollari, permetterebbe ai ribelli di riprendere l’esportazione, al fine di finanziare la loro lotta. Per questo hanno già costituito una Arabian Gulf Company autonoma dall’impresa statale in mano a Gheddafi, facendo sapere che a Marsa al-Hariga ci sono riserve per 3 milioni di barili. E per questo la guerra da un po’ di giorni va avanti e indietro tra Brega e Ras Lanuf: altra zona cruciale per l’export di petrolio. Nessuna multinazionale ha ufficialmente rivendicato l’invio, ma la settimana scorsa era stato il Qatar a offrirsi di commercializzare il greggio dei ribelli. E, a quanto pare, per l’Unione Europea sul punto non c’è nessun problema. «Lo scopo delle sanzioni Ue che abbiamo adottato autonomamente basandoci sulla risoluzione Onu 1973 è che i ricavi del petrolio non vadano al regime di Gheddafi», ha detto per conto dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza comune Catherine Ashton il portavoce Michael Mann. «Quindi dal momento in cui questi non ci vanno, per noi non c’è nessun problema per le transazioni commerciali. La vendita di petrolio resta un problema solo per quanto riguarda coloro che sono menzionati esplicitamente dalle sanzioni». Come ha però ricordatolo stesso Mann, «sulle armi c’è invece per la Libia un embargo totale». Accompagnato da un dibattito se non sarebbe il caso o no di fornirle agli insorti, per cui insistono in particolare Londra e Parigi. E sembra che sempre il Qatar abbia già iniziato ad agire in tal senso: ma sottobanco. Nel frattempo il rimorchiatore Jelyana, partito da Bengasi con un carico di armi, alimentari e medicine per Misurata, è stato invece fermato dalla Nato, nelle vesti di un pattugliatore turco che gli ha dato l’arrembaggio. «L’embargo è per le armi dall’estero, non per quelle che sono già in Libia», hanno provato a obiettare quelli del rimorchiatore. «Ma qui state in acque internazionali», gli hanno risposto i turchi. Di fronte all’alternativa, consegnare le armi per andare avanti solo con medicinali e cibo o tornare indietro, il Jelyana ha preferito tornare indietro.

Maurizio Stefanini