Luca Fazzo, il Giornale 6/4/2011, 6 aprile 2011
Ruby, via al processo con un colpo basso - Patapùnfete . Se mai ce ne fosse stato bisogno, ad alzare la tensione sull’apertura del processo a Silvio Berlusconi per il «Rubygate» - fissata per questa mattina, davanti alla quarta sezione del tribunale milanese - fa irruzione sulla scena un pasticcio mai visto in tanti anni di scontri tra politica e magistratura
Ruby, via al processo con un colpo basso - Patapùnfete . Se mai ce ne fosse stato bisogno, ad alzare la tensione sull’apertura del processo a Silvio Berlusconi per il «Rubygate» - fissata per questa mattina, davanti alla quarta sezione del tribunale milanese - fa irruzione sulla scena un pasticcio mai visto in tanti anni di scontri tra politica e magistratura. Una manciata di ore prima dell’udienza, il Corriere della Sera pubblica tre telefonate intercettate dalla Procura milanese sui telefonini di tre giovani donne coinvolte nell’inchiesta Ruby. Peccato che dall’altra parte del filo ci fosse un parlamentare, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, le cui conversazioni telefoniche sono protette dall’immunità. Ciò nonostante, le tre conversazioni vengono depositate agli atti, come quelle di un comune cittadino. Il Corriere le scova e le sbatte in prima pagina. «Non ho niente da dichiarare », è l’unica reazione di Edmondo Bruti Liberati, procuratore della Repubblica di Milano, ai cronisti che cingono d’assedio il suo ufficio per capire come sia accaduto l’impensabile. «Sto cercando di ricostruire ». E quando avrete ricostruito ci direte qualcosa? «No». Bruti, che è un uomo abituato a fronteggiare i mass media anche nei passaggi più difficili, ieri appare scuro in volto, quasi imbarazzato. Come se- per dirla semplicemente - non sapesse che pesci pigliare. La Procura ha due strade di fronte. La prima: sostenere che le tre telefonate sono finite lì per sbaglio, un mero svarione materiale, oggettivamente clamoroso nei risultati ma comprensibile nella gestione di un materiale sterminato (tra le quarantamila e le sessantamila pagine) come quello dell’ultima inchiesta a carico del premier. La seconda: difendere il proprio operato, e in qualche modo rivendicarlo, sostenendo che in realtà la normativa attuale non impedisce la trascrizione delle conversazioni dei parlamentari, se vi si incappa intercettando qualcun altro. L’unico obbligo, secondo questa tesi,sarebbe quello di chiedere l’autorizzazione alla Camera di appartenenza se si intende utilizzare la conversazione come prova del processo. Secondo quanto sembra di capire, la linea difensiva della Procura sembra destinata ad essere quest’ultima. Nessuno sbaglio, insomma, abbiamo agito secondo la legge. Il quadro normativo è, in effetti, abbastanza confuso perché vi possano trovare cittadinanza opinioni diverse. Ma restano alcune incongruenze difficilmente superabili. Come il fatto che storicamente, in tutti gli altri casi analoghi, la Procura si è ben guardata dal depositare senza complimenti le telefonate di un parlamentare: per esempio quelle di Massimo D’Alema, ascoltato mentre si intercettava Giovanni Consorte di Unipol. O come il fatto che proprio Edmondo Bruti Liberati, parlando delle intercettazioni «casuali» di Berlusconi in questa indagine, avesse detto che non era intenzione della Procura chiederne la trascrizione. Un pasticcio, insomma, di cui è allo stato impervio afferrare il senso. E a complicare ulteriormente la comprensione c’è la lettura delle tre telefonate di Berlusconi pubblicate dal Corriere : una con una indagata, la consigliere regionale Nicole Minetti, due con altrettante ragazze passate per le feste di Arcore, e citate come testimoni nel processo che inizia oggi. Da tutte e tre le telefonate, il Cavaliere e la sua linea difensiva escono intatti. E questo rende ancora più inspiegabile perché delle decine e decine di conversazioni del presidente del Consiglio ascoltate durante l’inchiesta, proprio queste tre siano state allegate agli atti. In attesa di spiegazioni, resta da chiedersi quale saranno le conseguenze concrete della faccenda. Nessun danno dovrebbe subirne il processo che si apre oggi: se anche si stabilisse che le telefonate del parlamentare Berlusconi sono state trascritte e depositate in violazione dei diritti di quest’ultimo, la violazione non causerebbe alcuna nullità degli atti di indagine né di quelli processuali compiuti dai pm milanesi. Più verosimile è ipotizzare che, se davvero violazione delle prerogative parlamentari v’è stata, ne possa scaturire un procedimento disciplinare a carico dei magistrati che hanno disposto l’acquisizione delle intercettazioni e le hanno depositate: ovvero i procuratori aggiunti Pietro Forno e Ilda Boccassini e il sostituto procuratore Antonio Sangermano, gli stessi che questa mattina saranno in aula a rappresentare l’accusa nell’udienza inaugurale del Rubygate , davanti ad una massa di giornalisti arrivati da mezzo mondo- compresa Al Jazeera! - per una udienza dove non accadrà assolutamente nulla.