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 2011  aprile 06 Mercoledì calendario

WOJTILA PRENOTA UN POSTO SUL CALENDARIO

Beato tra poche settimane, e santo presto, anche se non subito. Al punto che, nella cerimonia di beatificazione del prossimo 1 maggio, per Giovanni Paolo II si chiederà il riconoscimento del "culto universale", prerogativa che spetta ai santi, con un giorno preciso dell´anno in cui in tutte le chiese si festeggerà la memoria liturgica del nuovo beato Karol Wojtyla.
La data prescelta sarà con molta probabilità quella della morte, il 2 aprile. Il Papa dei record si appresta così a battere un nuovo traguardo. Perché, come spiega il cardinale Agostino Vallini, vicario della diocesi di Roma promotrice della causa di beatificazione, Giovanni Paolo II «è già santo» dal punto di vista sostanziale: «Chi è santo è santo, perché vive di Dio e lo è fin dal battesimo». Un´istanza che sarà presentata all´attuale Pontefice, Benedetto XVI, e che fa ben sperare, visto il precedente. La risposta di Joseph Ratzinger fu positiva, con Wojtyla che salirà agli onori degli altari "solo" 6 anni e 29 giorni dopo la morte. La memoria liturgica del beato Giovanni Paolo II potrebbe addirittura essere resa obbligatoria, venendo celebrata ogni anno durante le messe in tutte le chiese del mondo. Vallini ha ricordato che la differenza tra santi e beati riguarda precisamente l´obbligatorietà del culto, riservata ai santi, mentre per i beati è facoltativa e celebrata a livello locale.
Roma in ogni caso «è pronta» ad accogliere i pellegrini che vorranno partecipare ai giorni di grande festa per il Papa polacco. Ieri i rappresentanti vaticani hanno inviato un appello a tutti i fedeli, mutuato dalla frase forse più celebre dello stesso Wojtyla, a «non avere paura» di visitare la capitale, e soprattutto a non rinunciare temendo una massa eccessiva o situazioni disagevoli. Vallini ha chiesto l´intervento di sponsor per coprire le spese organizzative. «Un segno di rispetto - ha spiegato - verso le difficoltà create dalla crisi economica».
Moltissime le iniziative. Alla veglia del 30 aprile porterà la sua testimonianza suor Marie Simon-Pierre, la suora francese la cui guarigione miracolosa ha aperto la via per la beatificazione. Discorsi importanti saranno quelli dell´assistente personale di Wojtyla, l´attuale arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislaw Dziwisz, e dell´ex portavoce papale Joaquin Navarro-Valls. Cinque santuari cari a Giovanni Paolo II saranno collegati in diretta, tra cui Fatima. Otto chiese del centro rimarranno aperte per una "notte bianca" di preghiera. Per la messa, celebrata dal Papa con il Collegio cardinalizio, saranno impegnati per la comunione dei fedeli 500 preti nelle piazze San Pietro e Pio XII e altri 300 lungo via della Conciliazione. Quattordici i maxischermi in città, sono aperti una pagina Facebook (40 mila gli "amici" già iscritti), un sito collegato a Twitter e varie dirette streaming via web. La bara, che sarà esposta - chiusa - presso l´altare centrale di San Pietro, sarà riesumata in privato la mattina del 29 aprile. Un grande evento per quella che Vallini giudica come la «gigantesca personalità» di un uomo che ha mostrato «una fede forte e coerente libera da paure e compromessi, testimoniata sempre fino all´ultimo respiro».


GIANCARLO ZIZOLA
In un´ora di convulsioni barricadere in Occidente la Chiesa romana rilancia la figura carismatica di Wojtyla. La beatificazione del Papa polacco il 1° maggio si annuncia come un´apoteosi di massa del mutamento da lui istituito nella storia del papato con il suo modello di comunicazione popolare.
Un «io carismatico» celebrato nelle piazze e stadi del mondo, l´esaltazione di uno stile che sposta fuori Roma il carisma di Pietro, sia pure (non lo si potrebbe escludere) per rafforzare il potere del vertice in una Chiesa in crisi.
Non può sorprendere allora la proposta del cardinale vicario Vallini a Papa Ratzinger di emettere un decreto che deroghi il limite del culto locale del nuovo beato, affinché la sua memoria liturgica possa essere estesa all´intera Chiesa, come di norma è consentito solo per un cristiano già dichiarato santo. Per un papa che ha infranto una quantità di convenzioni curiali uscendo dagli schemi, che il suo nome possa essere invocato anche oltre i confini della sua Polonia e di Roma, sua ultima diocesi, sembra pertinente all´universalismo delle sue visioni e del suo raggio d´azione. Il riflesso di un fatto in norma. Come osserva Andrea Riccardi nella sua biografia di Giovanni Paolo II, nei ventisette anni del suo regno si è instaurata una fitta rete di rapporti tra il papa e la gente, fino a dare peso reale a una «Chiesa di popolo».
Tuttavia, questa eventuale «eccezione» non è immune da perplessità. L´argomento messo in campo dai suoi fautori è che la figura di Wojtyla si connota principalmente per il suo significato spirituale. E´ lo stesso Benedetto XVI a confermare a Riccardi di essere stato colpito in Wojtyla dal suo «carattere di uomo di preghiera. Questo mi convinse molto». In un cattolicesimo in crisi, polarizzato dalla tensione postconciliare tra progressisti e tradizionalisti, Giovanni Paolo II ha scelto di bypassare le riforme di struttura all´interno della Chiesa, perché - spiega il suo successore - « non era soprattutto necessaria una riforma strutturale, ma una profonda riforma spirituale».
L´aureola eccezionalmente rapida - appena sei anni dalla morte - collocata sul suo pontificato, che non fu privo di controversie, potrebbe varare una prematura estrapolazione ascetica del personaggio, col racconto classico delle virtù, lasciando scivolare negli sgabuzzini dei cultori di storia l´approccio analitico della complessità della sua opera, tanto grande nelle intuizioni quanto nelle contraddizioni.
A non contare le preoccupazioni manifestate fin dagli anni Ottanta dai gesuiti di «Civiltà Cattolica», che dubitavano che le aureole che il papato decretava su sé stesso potessero infine accentuare l´aura di trascendenza intorno al papa, conferendo al magistero e al governo del pontefice romano un riverbero quasi divino, come se il papa fosse «un´entità sovraecclesiale e non avesse, piuttosto, ricevuta la missione di esercitare una funzione nella Chiesa e per la Chiesa, e non al di fuori e al di sopra». I contraccolpi temibili di questa deriva erano indicati nella tendenza all´accentramento, in una versione assolutista della sovranità, in un «piramidismo ecclesiastico che ha visto prolificare le esagerazioni della papolatria e del bizantinismo aulico». Con ripercussioni nefaste nel processo ecumenico.
Sono saliti agli altari Pio IX, Pio X, Giovanni XXIII, ora Wojtyla. Presto toccherà a Pio XII. E´ aperta la causa di beatificazione di Paolo VI, anche se risulta frenata. Difficile non riconoscere qualche ragione nella pena di quei settori ecclesiali per i quali il riconoscimento della santità sarebbe entrato in un processo di opportunismo politico.
Il clima di euforia del wojtyilismo era in funzione della sua ipotesi di rilanciare nell´orbe cattolico il modello della cristianità, a radici polacche. La convocazione delle masse pubbliche era necessaria per l´illusione che la crisi post-conciliare, che svuotava chiese, canoniche e chiostri, fosse passeggera, comunque una fattura sul conto del laicismo e del comunismo. L´errore diagnostico produceva una Chiesa configurata come potere etico-religioso, senza comprendere che il regime di cristianità era ormai una crisalide fragile, di cui era preferibile affrettare la caduta per liberare un cristianesimo di convinzione. Forse la lezione dell´ultimissimo Wojtyla, silenzioso alla finestra dopo un regno eloquentissimo, immobilizzato dalla malattia dopo aver vagato oltre ogni orizzonte, solo con la sua croce, resta un segnale da apprendere anche per il ministero papale, sorto dall´icona della crocifissione di Pietro con la testa all´ingiù.