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 2011  aprile 05 Martedì calendario

AI PARIOLI ALTRO CRAC, ALTRA STANGATA


ROMA - Dopo il Madoff dei Parioli, spuntano i suoi emuli. O almeno presunti tali. Come Cesare Fusco e la sua Orconsult, che probabilmente è stata neutralizzata dall’intervento tempestivo di Bankitalia. Il contesto è lo stesso, perché il titolare di questa società ormai commissariata mieteva clienti in uno dei circoli sportivi più prestigiosi della Capitale, salvo poi allontanarsi quando le cose si sono messe male, circa un anno fa.
Il ministero delle Finanze, dopo aver sentito la Consob e la Banca d’Italia, ha messo la società in liquidazione coatta amministrativa circa un anno fa. La sede della “Orconsult capital management Italia spa” è in via Parigi a Roma, allo stesso indirizzo dello studio legale di uno dei soci, l’avvocato Aldo Sabelli. Dopo il provvedimento delle Finanze, che ha portato alla nomina di un commissario liquidatore che ha “cristallizzato” i denari rimasti in cassa (senza tuttavia recuperare i soldi persi fino a quel momento), i soci hanno provato, attraverso il Tribunale e la Corte d’appello civile, a riottenere la gestione della Spa, ma inutilmente, perché l’opposizione presentata da Aldo Sabelli, Cesare Fusco, Georges Philippe, Flavio Pizzini, Paola Scillamà, Luigi Lausi e Giorgio Giovannoni, è stata dichiarata inammissibile. E così la Orconsult è stata condannata «in via solidale tra soci a rifondere alla Consob le spese di lite del procedimento». Una prassi diffusa quella di queste Sim che recuperano denaro e poi “saltano”.
La vicenda di Lande è sfociata in un fascicolo penale, di questa non sembra esserci traccia in Procura, perché nessuna delle presunte vittime sembra aver voluto presentare una denuncia. La ragione starebbe nel fatto che il denaro investito, che pare desse rendimenti fino al 12 per cento, non è andato del tutto perso, almeno dal momento della messa in liquidazione in poi. «Il capitale rimasto è stato cristallizzato - spiega l’avvocato Andrea Guaccero, commissario liquidatore - E la situazione attuale non evidenzia perdite per gli investitori». Ma prima di quella data in quanti hanno perso? E soprattutto esiste la possibilità che ci sia stata importazione illecita di capitali?
Oltre a Cesare Fusco, all’avvocato Sabelli e agli altri soci, un ruolo determinante sembra averlo rivestito Alessandra Fusco, cugina di Cesare, alla quale sarebbe spettato il compito di curare le operazioni amministrative della società negli uffici (di proprietà della Sim) in via Giovanni Amendola numero 5, a Roma, in un palazzone fine ottocento dietro alla Stazione Termini.
A provocare il crollo della Orconsult sarebbero state delle operazioni sbagliate che si sono verificate nel 2009. Una serie di scommesse errate sul trading di borsa a seguito delle quali la società non è più stata in grado di ripianare alcuni dei propri clienti. Tra questi anche il rampollo di una nota famiglia romana che avrebbe perso circa 700 mila euro. Il meccanismo sarebbe stato lo stesso adottato da Madoff prima del crollo, lo stesso di Castellacci De Villanova, Lande e soci. E cioè, i nuovi clienti fornivano i capitali dietro la promessa di rendimenti molto alti. Gli stessi capitali venivano, poi, utilizzati per liquidare gli investimenti di chi chiedeva i soldi indietro. Con la crisi economica e la Borsa al disastro (crollo di Wall Street seguito al fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008) lo schema non ha più funzionato ed è stato il crac. Per fare fronte alle richieste di riscatto Cesare Fusco, su ingiunzione della magistratura, è stato costretto a liquidare tutto il patrimonio della Sim, vendendo gli uffici di via Amendola e anche il proprio appartamento ai Parioli, dove aveva da poco investito per ristrutturarlo decine di migliaia di euro, un’azienda agricola di diversi ettari in Toscana con la quale imbottigliava del buon Chianti, quadri e oggetti personali.
Fusco aveva organizzato una ragnatela di società, tra cui le principali, oltre alla Orconsult Sim, erano una sigla per il trasferimento di denaro all’estero sul genere Western Union o Money Gram, una società che gestiva pompe di benzina nel Lazio e società di consulenza per piccole imprese. Attraverso queste movimentava il denaro. Finché la Borsa lo ha tradito ed è stata la fine della sua attività.

Cristiana Mangani