Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 30 Mercoledì calendario

GARIBALDI A TAVOLA. PER LUI IL MASSIMO ERA PANE E PECORINO

«Il pranzo di Pio IX non doveva costare più di uno scudo. Per suo ordine. Frugale fino al limite della penitenza, gli veniva sempre servito alle due in punto, dopo una mattinata scandita da impegni di routine». Questa la memoria tramandata dai biografi più pacati. Ai quali si è aggiunto di recente Giulio Andreotti, sostenendo che, dopo la perdita del potere temporale, il pontefice si sia consolato con un semplice piatto di lenticchie di Onano. Ma altri storici riferiscono che ogni tanto anche lui amava trasgredire e lo faceva davanti a una tavola imbandita con risotto, misto di carne al forno con verdura e frutta, il tutto accompagnato da vini di Bordeaux e arricchito nel finale da una torta, una mousse e un caffè. Le preferenze gastronomiche di Pio IX vengono ricordate nel libro «Qui mangiava Garibaldi. Guida eno-gastro-bellica al Risorgimento», curato da Paolo Paci e pubblicato da De Agostini. Il volume passa in rassegna gli eroi che hanno fatto l’ Unità d’ Italia da un punto di vista inedito: non solo le battaglie e le cospirazioni, le vittorie e le sconfitte, ma anche la loro vita quotidiana e il loro rapporto con il cibo, le ricette preferite e perfino, dove sopravvivono, le trattorie frequentate. Le notizie golose, inframmezzate al resoconto veloce delle loro imprese, riguardano sedici protagonisti: da Garibaldi a Cavour, da Vittorio Emanuele a Giuseppe Mazzini, da Carlo Cattaneo a Manin, da Cesare Battisti ai fratelli Bandiera, da Carlo Pisacane a Tito Speri. Si scopre che se Pio IX oscillava tra frugalità e peccati di gola, Garibaldi non è mai venuto meno alle regole di una ferrea morigeratezza. Totalmente astemio, il suo piatto preferito era pane e pecorino, accompagnato in primavera da una manciata di fave fresche. Gradiva anche il baccalà e i fichi secchi, il pesce crudo e le gallette da marinaio con uva passa, cui si ispirano i «biscotti Garibaldi», in vendita ancora oggi nei negozi inglesi. A Caprera, dove tra una spedizione e l’ altra si era messo a fare il contadino in compagnia degli asini Pionono e Don Chico (chiamati così a sberleffo del pontefice e di Francesco Giuseppe I), trova anche il tempo di cucirsi i pantaloni. Ce ne sono due al museo del Risorgimento, sotto il Vittoriano. La passione di Cavour per la buona tavola è nota. «Cattura più amici la mensa che la mente», ripeteva, introducendo nel bagaglio dei suoi diplomatici una bottiglia di Barolo, come asso nella manica per dare la spinta alle trattative più difficili. Il suo piatto preferito, passato alla storia come «pasticcio di riso alla Cavour», era un risotto condito con burro e parmigiano, pomodoro a pezzetti saltato in padella e uova sfrittellate, infine passato in forno e irrorato con sugo di arrosto ristretto. Gran mangiatore anche Vittorio Emanuele II, avido di donne, di cibo e di vino. Sulla sua tavola non mancavano mai fonduta, bagna cauda, maccheroni, cacciagione. E le uova alla Bela Rosin, preparate personalmente dalla celebre amante. Nel frattempo Mazzini, depresso, si consolava con la cioccolata. Durante l’ esilio francese ripeteva: «Il cioccolato ha mille pregi: consola dai fallimenti, dai tradimenti, dalle ingiurie della vita, dalle malinconie per le passioni perdute e per quelle mai avute».
Lauretta Colonnelli