Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 5/4/2011, 5 aprile 2011
IL FATTO DI IERI - 5 APRILE 1994 - C’è
una ballata , “About a girl” di Kurt Cobain, il leader maledetto del gruppo grunge Nirvana, che segna la vena rabbiosa e desolata del frontman della mitica band di Seattle. Un sound spigoloso che mixa il blues-rock sporco degli Stones con l’hard-rock degli Zeppelin. Assolo potente in cui si fa strada l’urlo rabbioso dell’altra America, della generazione X, disadattata e inquieta di fine anni ’80 che, da underground, è ormai fenomeno di costume. Con i suoi testi criptici e la sua angoscia esistenziale, Kurt Cobain è ormai il profeta, l’idolo biondo del sound Nirvana, entrato nel mito con l’album Nevermind, manifesto generazionale, tutto rabbia e dolore, del ’91. Furia punk, nitidezza degli arrangiamenti, melodia colta, diventano base armonica per Cobain che, con la sua voce rauca e i giri adrenalinici e dissonanti di chitarra, trasferirà nelle varie compilation, selvagge ed elettriche, tutto il suo calvario personale. Il calvario di un talento assoluto, inseguito da un cupo senso di impotenza e finito nel tunnel dell’alcol e dell’eroina. Fino a quel 5 aprile ’94, quando, in un cottage di Seattle, si sparerà alla testa. “Meglio bruciarsi che svanire poco a poco”, sarà il suo messaggio d’addio.