Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 5/4/2011, 5 aprile 2011
COSÌ IL MINISTERO HA CONSEGNATO IL COLOSSEO A DELLA VALLE
Finalmente si discute a carte scoperte. L’accordo tra la Tod’s e il Ministero dei Beni Culturali per il restauro del Colosseo, a oltre due mesi dalla firma, è pubblico. Grazie al Fatto Quotidiano che ha dato notizia domenica dei suoi contenuti e poi ieri ne ha pubblicato il testo integrale (prima che le agenzie lo rilanciassero ore dopo, senza citare la fonte) tutti possono giudicare da soli la portata e il significato della convenzione. Il contratto è stato firmato il 21 gennaio scorso da Diego Della Valle, in qualità di presidente di Tod’s, dall’architetto Roberto Cecchi, in qualità di commissario delegato per l’area archeologica di Roma e da Anna Maria Moretti, in qualità di soprintendente speciale.
Diego Della Valle si impegna a erogare 25 milioni di euro per finanziare i lavori di restauro prestando una fideiussione all’avvio di ogni lotto.
L’IMPEGNO finanziario di Tod’s sarà spalmato lungo la durata dei lavori mentre i diritti di esclusiva decorrono da subito. Tra questi c’è anche il diritto “concesso a Tod’s dall’articolo 4 comma 2: “lo sponsor avrà diritto “di accesso al Colosseo per gruppi di persone”. Se Diego Della Valle vuole entrare nel Colosseo con un gruppo di partner americani o russi in gita a Roma può farlo “con modalità da concordarsi preventivamente con la soprintendenza e senza interferire con il naturale svolgimento delle attività in essere al Colosseo, come le visite del pubblico”. Insomma, Della Valle, pur disponendo di fatto delle chiavi del Colosseo, non dovrà escludere dal godimento chi ha pagato il biglietto. Nè i suoi ospiti, magari presi dalla foga di imitare il gladiatore potranno inoltrarsi, a norma di accordo “in ambienti in cui non sia garantita la sicurezza”.
Una parte dell’investimento dello sponsor, pari a 2,5 milioni di euro, sarà usato per costruire un centro servizi sul quale la società che finanzia il restauro potrà pubblicizzare il marchio To-d’s. Un ruolo centrale è riservato all’associazione senza fini di lucro degli “amici del Colosseo”, da costituirsi da parte di Tod’s e nella quale potranno entrare tutti i soggetti che vogliono sostenere il restauro, salvo il beneplacito di Tod’s. L’associazione potrà “realizzare una struttura temporanea e/o allestire una struttura fissa per l’accoglienza dei sostenitori dell’Associazione”. Il centro sarà “ubicato nelle immediate vicinanze del Colosseo” e “potrà fregiarsi e utilizzare la denominazione e i segni distintivi dello sponsor”. Il centro sarà “allestito per tutta la durata dei lavori di restauro e per i successivi due anni”. L’altro punto delicato dell’accordo sono le clausole di esclusiva che limitano i poteri del Commissario, che non potrà “concedere a terzi il diritto di associare a fini promo-pubblicitari la propria immagine e/o i propri segni distintivi al Colosseo e/o ai lavori di restauro del Colosseo di cui al piano degli interventi”. Proprio in ottemperanza a questa clausola, come Il Fatto ha raccontato domenica, è saltata la serata Volkswagen per il lancio del nuovo modello della casa tedesca. Ieri - dopo le polemiche politiche suscitate dal nostro articolo - il sindaco Alemanno ha ribadito i vantaggi per la città: “Noi non regaliamo il Colosseo a nessuno. Continuare a mantenerlo così è una vergogna di fronte all’umanità”.
NELL’ACCORDO si prevede che Tod’s abbia il diritto di “pubblicizzare, anche in abbinamento a prodotti e/o marchi dello sponsor, l’erogazione del proprio contributo per la realizzazione dei lavori di restauro del Colosseo”. I diritti concessi “si intendono esercitabili sia in Italia che all’estero” e avranno “una durata di quindici anni a partire dalla data di costituzione dell’Associazione, eventualmente prorogabili”. È probabile che Tod’s quindi promuova, legittimamente, la sua immagine anche nei negozi di New York o Tokyo facendo riferimento al suo ruolo nel restauro. Quello che invece ieri Tod’s ha escluso è il puro intento speculativo: “Nessuna possibilità che il Gruppo Tod’s utilizzi il monumento a fini pubblicitario-commerciali nè in via esclusiva nè in altro modo”. E, probabilmente con riferimento al caso Volkswagen, mai citato per nome, il gruppo ha precisato nella sua nota: “Vogliamo solo fare in modo che l’immagine del Colosseo non sia svilita da interventi di puro stampo commerciale, proprio a evitare che possa capitare di trovare affissa al monumento la gigantografia di un’automobile”.