Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 5/4/2011, 5 aprile 2011
IL BRENT VOLA OLTRE 120$ AI MASSIMI DA DUE ANNI
Le esportazioni di petrolio dalla Libia, bloccate da oltre un mese, potrebbero ripartire già oggi, benché sia ancora troppo presto per prevedere un ritorno alla regolarità delle forniture. Diverse fonti segnalano infatti che una petroliera in grado di caricare fino a un milione di barili, la Equator, dell’armatore greco Dynacom, dovrebbe attraccare in giornata in un terminal controllato dai ribelli. Ais, una società che segue via satellite i movimenti dei cargo, indica che il carico avverrà nel porto di Marsa el Hariga, mentre l’agenzia Platts riporta dichiarazioni di Wahid Bougaighis, a capo della Arabian Gulf Oil Company (Agoco), secondo cui il porto sarà invece Tobruk. «Verranno di sicuro, perché hanno già firmato il contratto», afferma il funzionario, indicando come acquirente la Vitol, che da parte sua però non conferma.
Forse è troppo presto per dare per certa la ripresa, anche soltanto parziale, dell’export libico. Di certo, dalla Libia continuano ad arrivare troppe notizie negative. E non solo sotto il profilo umanitario. Secondo la tv Al Jazeera, ad esempio, le truppe di Gheddafi avrebbero bombardato il giacimento di Misla, in Cirenaica, uno dei pochi in mano ai ribelli.
I mercati petroliferi mostrano non a caso uno scarso ottimismo. Il Brent ha superato ieri per la prima volta da settembre 2008 la soglia dei 120 dollari al barile, chiudendo a 121,06 $ (+2%) e il Wti si è fermato a108,47 $/bbl (+0,5%), anch’esso ai massimi da oltre due anni. Oltre alla Libia, preoccupa lo Yemen, dove ieri si contavano una ventina di morti. C’è inoltre allarme per il rinvio delle elezioni in Nigeria, che avrebbero dovuto svolgersi nel week-end, ma sono state rimandate di una settimana, ufficialmente per difficoltà organizzative. Infine, ci sono gli scioperi in Gabon, che bloccano circa 240mila barili al giorno di greggio, proprio di qualità light sweet, come gran parte dei libici e nigeriani.
L’Opec continua a non reagire in via ufficiale, forse – suggeriscono alcuni analisti – perché alcuni tra i suoi membri più influenti necessitano oggi di un prezzo del barile più elevato, per far quadrare il bilancio dello Stato. L’Arabia Saudita – che nel tentativo di prevenire disordini ha elargito alla popolazione 93 miliardi di $ nelle ultime settimane – a parole difende ancora un target di prezzo di 70-80 $/bbl, ma secondo alcune stime potrebbe aver bisogno addirittura di 100 $/bbl.
Ai livelli in cui è oggi, tuttavia, il petrolio rappresenta un «fardello preoccupante per l’economia mondiale», avverte Nobuo Tanaka, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie). «Se questi prezzi durassero per il resto dell’anno, potrebbero ostacolare una sana ripresa».