Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 05 Martedì calendario

Ventiquattro autori alla ricerca del Proust perduto - Fra i mille buoni motivi che esistono per ama­re Proust, il non averlo conosciuto di persona occupa una posizione di privilegio

Ventiquattro autori alla ricerca del Proust perduto - Fra i mille buoni motivi che esistono per ama­re Proust, il non averlo conosciuto di persona occupa una posizione di privilegio. È questo accidente della storia (della nostra storia) a trasformarlo in uno dei suoi personaggi, anzi nel principa­le dei suoi personaggi, persino più importante del Narratore della Re­cherche . Soltanto così la crisalide diventa farfalla, Proust diventa Marcel: l’amico assente, il conver­satore silenzioso, l’osservatore cie­co, lo scrittore senza carta e penna. Diventa, insomma, l’ipotesi di Marcel, un’ipotesi che puntual­mente si verifica. Ma chi, invece, lo conobbe, qua­l­i immagini potè assorbire e riflette­re, usandole come specchi ustori per incendiare i vascelli dei nostri ricordi impossibili? Le troviamo, quelle immagini, impresse a cal­do, poco più di un mese dopo la sua morte, nel numero monografi­co della Nouvelle Revue Français datato gennaio 1923: Hommage à Marcel Proust . Dalla sessantina di contributi, l’editore Medusa ne ha pescati 24, riuniti sotto il titolo Proust e i suoi amici ( pagg. 128, eu­ro 14, traduzione di Luana Salvara­ni). Dal primo all’ultimo,cioè dalla commossa devozione di Anna de Noailles all’acuta ricognizione di François Mauriac, sono tutti enco­mi non solenni ma sentiti, non do­vuti ma gratuiti. La poetessa ricor­da di Marcel l’«ingenua e incom­mensurabile modestia», e Mau­riac torna all’epilogo nella leggen­daria camera da letto foderata di sughero che custodiva, come una teca da museo, i sospiri sempre più radi del genio stanco:«Durante l’ul­tima notte, dettava ancora delle ri­flessioni sulla morte, dicendo: “Questo servirà per la morte di Ber­gotte”. E abbiamo visto su una bu­s­ta macchiata di tisana le ultime pa­role illeggibili che aveva tracciato, nelle quali era decifrabile il solo no­me di Forcheville: così, fino alla fi­ne, le sue creature si sono nutrite della sua sostanza, hanno esaurito la vita che gli restava». Così Marcel, andandosene, tornava crisalide, pronta a rinascere per chiunque s’immerga nelle sue pagine... C’è una sola nota stonata,in que­sto concerto «alla memoria». È quella di Léon Daudet, figlio di Al­phonse e fratello di Lucien. Il quale apre così la sua striminzita noterel­­la indirizzata a Jacques Rivière, il di­rettore della Nrf : «Mio caro confra­tello, con mio grande dispiacere, la discussione del budget non mi la­scia il tempo di scrivere la pagina di ricordo su Marcel Proust, che vole­vo mandarvi ». Capito? «La discus­sione del budget »... Eppure era sta­to proprio Léon, definito da Geor­ge Painter, biografo di Proust, «na­zionalista e antisemita violento», nel ’19,a caldeggiarel’assegnazio­ne del premio Goncourt al dreyfu­sardo (e di madre ebrea...) Marcel. Se­gno che la potenza gentile dell’arte di quest’ultimo può aver ragione su tutto. Un’arte, la sua, di cui un omonimo del capitano Alfred, quel Robert carissimo compagno di liceo, delinea le fonti, elencando gli autori di cui parlava con il soda­le passeggiando abitualmente sul viale dell’Alcazar agli Champs-Élysées: Racine, Hugo, Musset, Lamarti­ne, Baudelaire, Lecon­te de Lisle. E poi An­na Karenina , e poi Sarah Bernhar­dt, «di cui ha ri­versato il ge­nio nella Ber­na delle Fan­ciulle in fio­re »... Reynaldo Hahn, uno fra i prediletti amici­amanti, rievoca un’altra passeggia­ta, durante la qua­le Marcel si bloccò, rapito dalla bellezza di alcu­ni fiori, «per così dire, in stato di trance»,assorbendo con tutti i sen­si quella semplice presenza e, lo sappiamo bene, incasellandola in un piccolo scomparto della sua memoria prodigiosa per metterla a frutto nelle descrizioni definite da un altro Daudet, Lucien, da «ge­nealogista », anzi da «entomolo­go ». Tutto, spiega Lucien, era im­portante, e «certe lettere d’invito [alle serate dell’alta società, ndr ] lo interessavano come un romanzo di una pagina».«Sono certo-sostie­ne Rivière - che il voltaggio delle sensazioni in Proust fu sempre in­commensurabile con quello che si riscontra nell’uomo medio». «Ma nelle sue profondità personali- ag­giunge Paul Valéry - , Marcel Proust ha cercato la metafisica». Memoria elevata all’ennesima po­tenza, immaginazione, ricostruzio­ne creativa immersa nella bergso­niana durata ( «È su ricordi stabiliz­zati dall’osservazione che lavora Balzac, su ricordi in perpetuo dive­nire che lavora Proust», sottolinea Benjanim Crémieux parlando di «ipnosi» e «allucinazione»). Sono questi gli strumenti del lavoro di scavo proustiano, così sotterraneo da apparire assolutamente creati­vo. Come conferma Walter Berry: «Avevo citato le parole di Rémy de Gourmont: “Si scrive bene solo di ciò che non si è vissuto”,quando si alzò di furia esclamando: “Ecco, questa è tutta la mia opera!”». Un’opera in cui l’occhio acuto del filosofo José Ortega y Gasset vede un’«istologia poetica» incastonata in «deliziose nodosità grammatica­li ». L’occhio mondano e complice di Jean Cocteau, da parte sua, regi­stra ben altro. Una sera, uscendo dal Ritz, Marcel aveva distribuito, come al solito, generose mance a tutti sicché, arrivato di fronte al por­tiere, i soldi erano finiti. Che fare? Non restava che rivolgersi, per un prestito... allo stesso portiere: «gli chiese se poteva prestargli cin­quanta franchi. “ Del resto- aggiun­se, mentre il portiere si affrettava ad aprire il portafogli - teneteli pu­re. Erano per voi”». La chiosa di Cocteau è perfetta: «Trasportate questo volteggiare a ogni livello del­l’intelligenza e del sentimento, po­trete intravedere un poco del mira­colo di Proust e della poesia in ge­nerale ».