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 2011  aprile 05 Martedì calendario

MAMME DIVENTATE TIGRI

Nessuno, a cominciare dall´autrice, aveva previsto che un libro autobiografico sui rapporti tra una madre e due figlie adolescenti potesse suscitare un simile pandemonio. Uno scandalo, uno psicodramma collettivo come non si vedeva da decenni. Fino alle minacce di morte rivolte all´autrice. Non da qualche imam fondamentalista, ma da "rispettabili" genitori americani. Offesi, sconvolti nelle loro certezze. O forse peggio: improvvisamente denudati nelle loro debolezze. E messi di fronte ai fallimenti di un´intera generazione di educatori. La causa dello shock è una brillante studiosa di diritto internazionale e di storia, Amy Chua. 48 anni, docente a Yale, autrice di importanti saggi sul declino e l´ascesa degli imperi, finora Amy Chua era un´autorità rispettata ma conosciuta solo negli ambienti più colti. Mai avrebbe immaginato il balzo di popolarità – e l´esplosione di controversie – che è venuto da una innocua decisione: raccontare la propria vita di figlia di immigrati cinesi negli Stati Uniti, mettendo al centro dell´autobiografia le differenze culturali nei rapporti genitori-figli e nello stile di educazione, fra asiatici e americani. Ne è uscito Il ruggito della mamma tigre, pubblicato ora in Italia da Sperling&Kupfer. Lo ha lanciato in America un´anticipazione del Wall Street Journal dal titolo forte: "Perché le mamme cinesi sono superiori". Ahi. Più di un milione di lettori hanno divorato l´anticipazione, in migliaia hanno reagito con lettere o email. Spesso inferociti, di fronte a certe forme di autoritarismo: il divieto di andare alle feste degli amici, di trastullarsi su Facebook o di guardare la tv fino a tardi la sera, le massacranti ripetizioni al pianoforte o al violino, la pretesa che sulle pagelle ci siano solo i voti massimi, la durezza con cui viene respinto dalla mamma ogni risultato scolastico men che eccellente. "Un mostro", l´ha aggredita una telespettatrice al Today Show. Ma dietro i risentimenti traspare un´ondata d´insicurezza collettiva. Dopo decenni di permissivismo, una cultura di massa che ha trasformato l´America in una "dittatura del teenager", con genitori che danno sempre ragione ai figli (in nome dell´"autostima") contro i professori, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: gli asiatici stravincono le gare per le borse di studio nelle migliori università Usa, i liceali americani non arrivano neanche al ventesimo posto nella classifica internazionale Ocse-Pisa sull´apprendimento, dove al primo posto svettano gli studenti di Shanghai. Ne parlo con Amy Chua a New York, nella pausa fra un talkshow televisivo e l´altro, mentre la tempesta su di lei non accenna a placarsi. Ci manca poco che le addebitino anche il massacro di Tienanmen o la repressione contro il Tibet e il Dalai Lama.
Lei come spiega questo uragano di accuse e di polemiche?
«In parte è il risultato di una lettura unidimensionale. No, nel libro non c´è la tesi che le mamme cinesi sono superiori. Nella seconda parte racconto il mio conflitto con la figlia più piccola, le lezioni che ho appreso da una 13enne ribelle, e come ho rivisto certi principi dell´educazione cinese. Ma le reazioni americane in parte sono legate alla rivalità con la Cina, all´impatto inquietante delle classifiche internazionali sulla mediocre performance scolastica dei ragazzi americani. Infine, probabilmente questo libro è uscito quando il "pendolo" stava tornando indietro, era già matura una revisione autocritica rispetto ai principi della pedagogia permissiva in voga da decenni. Ho ricevuto anche tante reazioni positive. C´è chi mi ha scritto per dirmi: vorrei essere un genitore più severo, ma c´è troppa pressione nell´ambiente sociale che m´impedisce di cambiare».
Il clima che lei fa regnare in casa sua, a molti americani sembra quello di una caserma.
«Invece un po´ di disciplina e di organizzazione fa bene ai ragazzi: due ore di studio la sera sono più che sufficienti, se si concentrano al 100% e non vengono distratti possono andare a letto alle dieci. Troppi adolescenti americani tra videogame e Facebook hanno giornate che non finiscono mai, dormono troppo poco, soffrono di depressione. E come rimedio quando si arriva a queste patologie, i medici li imbottiscono di psicofarmaci».
Una regola d´oro della pedagogia progressista è istillare ai ragazzi fiducia in se stessi. Lei invece arriva a rifiutare un cartoncino d´auguri disegnato da sua figlia troppo frettolosamente. I voti se non sono l´equivalente della lode "non sono abbastanza".
«Tutto questo è inaccettabile secondo le regole politically correct in America. Ma io qualche volta ho l´impressione che i genitori americani ottengono il risultato opposto: trasmettono l´idea che i loro figli sono deboli, perciò non si può pretendere troppo da loro, bisogna accontentarsi. Quello che mi piace della tradizione asiatica, è che nel pretendere molto dai propri figli si comunica una grande fiducia nelle loro capacità. Qualche volta i genitori americani sembrano impauriti dai propri figli. Che razza di segnale gli mandano in questo modo?».
Una delle ricchezze del suo libro è nei tanti shock culturali che rivela. Comprese le divergenze tra lei e suo marito, Jed Rubenfeld, anche lui giurista a Yale e scrittore, nonché ebreo-americano. Ma forse lo shock più divertente è quello che si è prodotto dopo: quando il suo Ruggito della madre tigre è stato tradotto… in Cina.
«Lì è successo tutto il contrario, rispetto alle reazioni americane. La parte del libro in cui descrivo il rispetto dei figli per i genitori, i rapporti di autorità, le regole severe, il divieto di andare alle feste degli amici: tutto questo in Cina lo si dà per scontato, è quasi banale, non fa notizia. I lettori cinesi sono stati colpiti invece dal finale: la ribellione di mia figlia minore, e come io mi sono dovuta adattare. Così il libro in Cina è stato venduto con una campagna di marketing completamente diversa, che dice: una professoressa di Yale vi spiega il metodo occidentale per educare i figli!».