Varie, 4 aprile 2011
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• (Filippine) 1970 (~). Domestico. Il primo aprile 2011 confessò il delitto della contessa Alberica Filo della Torre, uccisa a Roma nella sua villa dell’Olgiata la mattina del 10 luglio 1991 • «Sono vent´anni che volevo raccontare quello che è successo quel giorno”. Ha confessato davanti al pm [...] Un caso chiuso dopo vent’anni di attesa e due archiviazioni chieste dalla procura di Roma a cui l’avvocato Giuseppe Marazzita, che assiste Pietro Mattei, il marito della vittima si era sempre tenacemente opposto. Una conclusione definitiva arrivata all’improvviso. Winston, inchiodato da una macchia di sangue rilevata sul lenzuolo con cui fu avvolto il viso di Alberica, è comparso [...] davanti al gip Francesco Patrone per l’interrogatorio di convalida del fermo e ha fatto scena muta. Poi un lungo colloquio coi suoi difensori, Matteo La Marra e Francesca Caldari e la decisione di incontrare nuovamente il pm Francesca Loy e il colonnello Bruno Bellini. La confessione è arrivata come un fiume che travolge gli argini. Un’ora di sfogo interrotto da pianti e singhiozzi e concluso con parole di scusa per la famiglia della vittima e tutti gli italiani. [...] “Io non mi ricordo quello che è successo quel giorno, mi dispiace dottore” aveva detto l’uomo al colonnello Bruno Bellini, comandante della sezione omicidi del Nucleo investigativo, dopo un pianto dirotto. Un atteggiamento diverso da quello dei primi giorni dell’inchiesta, quando l’ex domestico, licenziato dalla contessa a metà giugno del 1991, si era sempre, disperatamente, proclamato innocente. Incalzato dagli investigatori, il fermato si era chiuso nel silenzio. “Io non c’entro, lo dirò ai magistrato”, si era sfogato in cella con il consigliere regionale Claudio Bucci. Poi la decisione improvvisa di confessare. Una conclusione che, probabilmente, era stata suggerita dai suoi avvocati. La prova del Dna era schiacciante: 16 regioni su 16 corrispondevano al sangue del filippino, una certezza assoluta. L’uomo, in passato, aveva chiesto più volte del denaro alla contessa Alberica, non lo aveva mai restituito e tra i due c’erano state violente liti al telefono, prima del licenziamento. “Beve, non rispetta gli impegni, è inaffidabile” aveva confidato la nobildonna a un’amica. [...]» (m. l., “la Repubblica” 2/4/2011) • «Ho bussato alla porta della stanza della contessa e lei mi ha aperto. Non ricordo più niente di quello che è successo dopo. Nella mia mente c’è il buio totale [...] So che le ho avvolto il viso con il lenzuolo e dopo sono scappato, passando dalla stessa porta da cui ero entrato [...] Sono arrivato dalle Filippine giovanissimo. Mi sono sposato con una ragazza da cui non ho avuto figli, poi ho divorziato, ho conosciuto un’altra donna del mio paese e da lei ho avuto tre figlie. Nel ’93 sono stato molto male, sono dovuto tornare nelle Filippine su una sedia a rotelle, mi era venuta l’encefalite per lo stress ma mi sono curato, ho conosciuto la mia seconda moglie e poi sono venuto di nuovo in Italia a lavorare [...] È vero, avevo chiesto più volte degli anticipi alla signora Alberica [...] alla fine ero stato licenziato. Ero disperato, avevo bisogno di lavorare. Per questo quella mattina sono tornato nella villa. Avevo bevuto un whisky per farmi coraggio. Sono entrato come se ancora lavorassi nella villa e nessuno mi ha visto. Sono passato dal garage e sono arrivato davanti alla porta della contessa. Volevo parlarle. Abbiamo cominciato a discutere... [...] Abbiamo discusso poi non so cos’è successo. Ricordo di aver preso uno zoccolo e, alla fine, di averle avvolto il viso con il lenzuolo. Poi sono uscito dalla porta-finestra, sono passato ancora per il garage e sono fuggito [...] Dopo l’omicidio ho raccontato quello che era successo a mia moglie ma lei non ha voluto credermi [...]» ("la Repubblica” 2/4/2011).