Marco Lillo, Vito Laudadio, il Fatto Quotidiano 3/4/2011, 3 aprile 2011
SOLO SCARPE AL COLOSSEO
Il principe Antonio De Curtis ci aveva provato con la Fontana di Trevi nel celebre Tototruffa. Cinquanta anni dopo il Governo Berlusconi è riuscito nell’opera con il Colosseo. Il nostro monumento più famoso al mondo è stato ceduto alla Tod’s, nel senso che l’Anfiteatro Flavio e la sua immagine non sono più liberamente utilizzabili dal ministero dei Beni Culturali. Se, per esempio, lo Stato volesse affittare il Colosseo a una società cinematografica o a una casa automobilistica per usarlo come location di uno spot o come sfondo per una campagna dovrebbe chiedere il permesso alla Tod’s e a un’associazione ancora da costituire da parte della società calzaturiera che rivestirà in essa un ruolo predominante. L’accordo stipulato il 27 gennaio scorso dal Commissario straordinario all’area archeologica di Roma, l’architetto Roberto Cecchi, e da Diego Della Valle prevede l’impegno da parte della società di pagare i lavori di restauro del Colosseo per complessivi 25 milioni di euro e in cambio riserva alla Tod’s il diritto esclusivo sull’utilizzazione commerciale dell’immagine del Colosseo e permette allo sponsor dei lavori di costruire un centro servizi nell’area archeologica più vincolata del mondo.
OLTRE A UNA SERIE di diritti correlati come quello di apporre il marchio Tod’s sui cantieri del Colosseo e sui biglietti acquistati dai visitatori. L’accordo, descritto dall stampa come un atto di puro mecenatismo del valore di 25 milioni di euro “presenta molti lati oscuri”, secondo il segretario generale della Uil Beni Culturali, Gianfranco Cerasoli. Il sindacalista ha presentato un esposto alla Procura di Roma e alla Procura della Corte dei Conti, per chiedere di accertare eventuali profili di illegittimità. Nell’esposto Cerasoli cita un primo effetto dell’accordo: la richiesta presentata al Ministero (e sospesa a causa dell’accordo con la Tod’s) della Volkswagen di usare il Colosseo per il lancio di un nuovo modello. "Il problema sta", scrive Cerasoli nell’esposto, "nella errata è grave sottovalutazione fatta dal Commissario nella valutazione economica di un accordo che qualsiasi economista valuta superiore ad oltre 200 milioni di euro considerando l’esclusività concessa e la durata superiore ai 15 anni con un piano di comunicazione e di commercializzazione spendibile in tutto il mondo".
NELL’ARTICOLO 4 dell’accordo si prevede che i “diritti concessi all’Associazione e allo Sponsor sono concessi senza limitazione territoriali e, pertanto sono esercitabili sia in Italia che all’estero”. La durata dei diritti in capo all’associazione è di 15 anni eventualmente prorogabili mentre i diritti dello sponsor Tod’s decorrono “dalla data di sottoscrizione dell’accordo e si protraggono per tutta la durata degli interventi di restauro e per i successivi due anni”. Il permesso per il lancio del nuovo modello della Volkswagen, insomma, potrebbe essere solo il primo di una lunga serie, come lo stesso Mario Resca, direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del ministero, ha confermato nell’intervista che pubblichiamo sotto. Il Fatto ha contattato il Commissario straordinario Roberto Cecchi ma non ha avuto alcuna risposta. Fonti vicine alla Tod’s, invece, spiegano: “Ci stupiamo dello stupore. Una società quotata in borsa che investe 25 milioni di euro nel restauro di un monumento deve motivare agli azionisti il suo comportamento. Sarebbe assurdo non prevedere un’esclusiva in favore di Tod’s nel periodo dei lavori”. Secondo le fonti vicine alla Tod’s "l’accorche effettivamente è andata deserta. Subito dopo però ha avviato le trattative solo con Tod’s, chiuse velocemente senza coinvolgere l’ufficio legislativo e il gabinetto del ministro né l’avvocatura. Anche la comunicazione dei contenuti dell’accordo è stata poco trasparente. L’allora ministro Sandro Bondi aveva parlato di “accordo storico”. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno aveva detto: “Della Valle fa un grande regalo all’Italia”. Mentre per il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta "Della Valle non è uno sponsor, ma un mecenate moderno”.
Tutto vero. L’accordo sottoscritto dal patron della Tod’s prevede effettivamente un onere importante per la sua azienda. Ma accanto al do esiste un importante des rimasto finora sotto traccia.
do è un esempio da seguire perché porta un vantaggio al paese, che restaura il suo patromonio senza spendere un euro, e alla società sponsor. Ma non si può pretendere di realizzare una simile operazione senza concedere l’esclusiva”. La posizione di Tod’s è legittima.