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 2011  aprile 04 Lunedì calendario

LANCI DI MONETINE, URLA E INSULTI: MONTECITORIO TRASFORMATO IN UN RING

Mercoledì 30 Popolo della libertà e Lega chiedono alla Camera l’inversione dell’ordine del giorno per passare direttamente all’esame del testo sulla prescrizione breve. La proposta passa per 15 voti di scarto. L’opposizione grida «vergogna», valuta ogni possibile forma di ostruzionismo e chiede a Fini di evitare il contingentamento dei tempi. Il presidente della Camera accoglie la richiesta e raddoppia gli spazi d’intervento. Rosy Bindi e Massimo D’Alema discutono sull’opportunità di abbandonare l’Aula: lei sostiene la tesi dell’Aventino, lui è contrario. Alla fine i Democratici decidono di rimanere, chiamano a raccolta i militanti e organizzano una manifestazione per il pomeriggio. L’appuntamento è alle 18, non hanno l’autorizzazione per protestare davanti al Parlamento e si fermano vicino alla Galleria Sordi. I “viola”, guidati da Gianfranco Mascia, riescono ad arrivare sotto le finestre della Camera. All’inizio sono una cinquantina, a poco a poco aumentano. Il sottosegretario Daniela Santanchè sfida la folla, diretta verso l’ingresso. «Bugiarda!» le gridano, e una monetina la colpisce in testa. Poco dopo La Russa si affaccia sulla piazza per vedere che aria tira. «Non vi potete permettere – urla mentre i carabinieri si stringono a cordone per proteggerlo – Non pensate di intimidirmi». Partono i fischi, gli insulti («buffone», «venduto», «fascista») e i lanci di monetine. Il ministro rientra in aula scuro in volto, poi prende la parola e definisce l’opposizione «complice dei contestatori». Franceschini lo accusa d’aver provocato volontariamente i manifestanti, il ministro della Difesa prima gli fa segno di tacere, poi l’applaude. Fini lo richiama «a un atteggiamento più rispettoso»: La Russa allarga le braccia e, al secondo richiamo, gli risponde con un «vaffa». Fini sospende la seduta: «Onorevole ministro – dice – non le consento di offendere la Presidenza». Lascia l’aula sussurrando «Curatelo».
Lo scontro riprende giovedì 31. All’inizio dei lavori si legge il verbale della seduta del giorno precedente: manca la parte in cui si parla dell’attacco del ministro della Difesa a Fini. L’opposizione chiede l’inserimento dei fatti così come sono avvenuti, la maggioranza tace. Fini decide di metterlo al voto. I membri del governo non ci sono. La votazione resta aperta quattro minuti. Quando il presidente della Camera la chiude, alcuni ministri non riescono a votare. Il risultato è di parità: la maggioranza, per regolamento, è sconfitta. Prestigiacomo, Alfano e Brambilla si girano verso Fini e protestano, dai banchi della sinistra gridano «buffoni, buffoni», da quelli del Pdl vola un fascicolo di emendamenti. Ileana Argentin, deputato del Pd, disabile, chiede al suo assistente di applaudire l’intervento di Bocchino. Osvaldo Napoli del Pdl corre verso di lei e dice al ragazzo di fermarsi. Quando Argentin si avvicina al microfono per spiegare l’accaduto, qualcuno, pare da Massimo Polledri della Lega, grida: «Falla stare zitta quell’handicappata del cazzo!».
Poco dopo Alfano lancia la sua tessera da parlamentare al centro dell’emiciclo, Di Pietro l’afferra e la mostra in sala stampa. Dai banchi del Pdl gridano a Fini «dimissioni, dimissioni», un deputato (principale indiziato l’on. Franzoso) tira verso il presidente una copia del Corriere e lo colpisce mentre esce dall’Aula. In serata Napolitano convoca al Quirinale i capigruppo di maggioranza e opposizione di entrambi i rami del Parlamento. Preoccupato per quanto accaduto, ha chiesto di abbassare i toni.