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 2011  aprile 03 Domenica calendario

Durante la notte fra l´11 e il 12 aprile 1961 su Mosca era caduta la neve, e la città si era svegliata tutta bianca

Durante la notte fra l´11 e il 12 aprile 1961 su Mosca era caduta la neve, e la città si era svegliata tutta bianca. Ma il sole era presto comparso in un cielo sgombro di nubi e l´umida neve dell´aprile russo si era tutta sciolta. Mosca era splendida. La notizia del lancio di una nave spaziale chiamata "Vostok" (Oriente), con a bordo un "cosmonauta" chiamato Jurij Alekseevic Gagarin, si ebbe alle 10 dalla radio, dalla voce solenne di Jurij Levitan, la voce che aveva dato al mondo la notizia della resa del nemico a Stalingrado. Subito dopo mi arrivò all´Hotel Budapest, dove alloggiavamo, la telefonata di Gaetano Afeltra, direttore di fatto del Corriere d´Informazione: «Arrighe, a mezzogiorno voglio una grande cronaca di cose viste». Così, interruppi a un certo punto l´ascolto e uscii per strada: ma Mosca era ancora tranquilla, con piccole folle silenziose raccolte attorno agli altoparlanti disposti in tutta la città.. Solo dopo l´annuncio del felice ritorno alla terra del primo cosmonauta, un´ora e 28 minuti dopo il lancio, una folla immensa si riversò nelle strade e nelle grandi piazze - Piazza del Teatro, della Rivoluzione, del Maneggio - che conducono alla Piazza Rossa. Una folla che fino a notte ballava e cantava, gente che si abbracciava e baciava, donne che piangevano di gioia. Tre giorni dopo, con l´incontro a Mosca fra Gagarin e Krusciov, la Piazza Rossa conobbe la manifestazione più grandiosa dal giorno della vittoria. In verità eravamo tutti un po´ commossi. Nel suo discorso Krusciov paragonò Gagarin a Colombo, disse che l´Urss era «generosamente disposta a condividere i risultati della sua superiorità scientifica e tecnologica con tutti coloro che vogliano vivere in pace con noi», ma aggiunse: «Questi risultati ci danno una colossale superiorità dal punto di vista della difesa del nostro paese: coloro che affilano i coltelli contro di noi sappiano che Jurij è stato nello spazio, ha visto tutto e sa tutto». Ma nel suo discorso Krusciov non mancò di parlare anche dei problemi "terrestri" dell´Urss: in aprile le scorte di viveri erano quasi finite, non erano ancora arrivati i nuovi prodotti primaverili, al "Zentralnij Rynok", il Mercato Centrale, mia moglie faceva lunghe code per le patate. L´Urss era potente e povera. (Per avere poi ricordato questa realtà, le Izvestia mi dedicarono un corsivo che mi definiva «un maiale che fruga nella spazzatura mentre tutti alzano lo sguardo al cielo»). Quando, ad agosto, sull´onda dei trionfi spaziali, Krusciov presentò il Programma Ventennale che dava per prossimo il sorpasso di un Occidente in rovina da parte di un´Unione Sovietica divenuta il Paese più ricco del mondo, annunciò soltanto sogni che non si realizzarono mai. Mentre il volo di Gagarin convinse Kennedy a lanciare il piano che portò in una decina d´anni al primo allunaggio. Ma quel giorno d´aprile tutto sembrava possibile alla «Russia dei lapti» (le povere calzature del contadino russo: così la definì con orgoglio Krusciov), divenuta una superpotenza spaziale (e militare). Oggi la guerra fredda è finita insieme con il comunismo, e grazie alla collaborazione fra Russia, Stati Uniti ed Europa lo spazio è di casa. Quel breve volo di Gagarin può sembrarci poca cosa. Allora fu una "svolta storica", per il mondo intero. Quando a mezzogiorno telefonai all´Informazione col mio pezzo pronto, Gaetano mi chiese: «Arrighe, hai scritte?». Ma certo, risposi. «Allora butta via tutto, parla, parla, dì tutto quello che ti passa per la testa». Ovviamente obbedii. L´autore è stato corrispondente da Mosca del Corriere della Sera dal 1960 al 1962