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 2011  aprile 03 Domenica calendario

GAGARIN

(Smolensk)
manda giù quest´acqua fredda, Jurij. È leggera, ti fa volare. Cinquant´anni dopo, circondato da una scolaresca in gita, il vecchio pozzo di casa Gagarin conserva l´aria fiabesca e scalcinata della pianura russa. A questo mestolo di legno pensava il più famoso cosmonauta della storia la mattina del 12 aprile 1961 sulla rampa di lancio di Bajkonour, repubblica sovietica del Kazakhstan. Ne avrebbe parlato dopo con gli amici: della leggenda del pozzo e degli scherzi del papà falegname quando si mise in testa la folle idea di fare il pilota. Rito scaramantico e contagioso, se è vero che ancora oggi i cosmonauti russi, non più eroi ma impiegati dello Spazio, vengono a farsi una mestolata d´acqua prima di ogni missione.
(segue nelle pagine successive)

ma a bordo della sfera d´acciaio "Vostok 1" non c´era solo un semplice giovanotto di campagna. Jurij Alekseevic Gagarin, ventisette anni, era un tipo metodico che aveva imparato tante cose. Gli obiettivi tecnici della missione, con i complessi calcoli astronomici e ingegneristici, ma soprattutto quelli politici: dimostrare la superiorità planetaria del sistema sovietico. Fedele al Partito, sobrio, senza fame di ricchezze e protagonismo, era il candidato perfetto, selezionato tra i migliori aviatori dell´Urss. Così perfetto da battere nello spareggio finale il suo caro amico. A German Stepanovic Titov, insofferente alle gerarchie militari e un po´ troppo affascinato da vodka e ragazze, sarebbe toccata pochi mesi dopo la "Vostok 2". Una missione più lunga (oltre 25 ore) e difficile ma inevitabilmente ai margini dei libri di Storia.
Al figlio del falegname di Klushino toccava la Gloria. E lo sapeva bene. Quando sentì la spinta dei razzi e la Terra che si allontanava, alle 9 e 07, ora di Mosca, non gli venne altro da dire che «Andiamo!». Banale, forse, ma adesso quell´incitazione, tradotta in cinque lingue, è dipinta sul muro del piccolo museo della cittadina a quindici chilometri dal villaggio di Klushino, dove la famiglia Gagarin si era trasferita all´inizio degli anni Cinquanta. Poche migliaia di anime per un centro agricolo in disarmo che si chiamava Gzhatsk e adesso Gagarin gorod. Proprio qui, affidato a ex ragazze che quel giorno festeggiarono in strada il trionfo mondiale del loro compagno di giochi, sorge il più tenero museo dello Spazio del mondo. Casetta in legno e mattoni, macchie d´umido sui muri, cartoline, vestiti, fotografie. E una ricostruzione artigianale, mappamondo, filo di nylon, un po´ di stagnola, di quel volo indimenticabile. Il primo essere umano in orbita ellittica intorno alla Terra con un perigeo di 169 chilometri e un apogeo di 135, dicono gli esperti. Ma la signora Elèna, che fa da custode al sacrario in babbucce e foulard, ha ricordi meno tecnici: «Com´era bello! Avevo diciannove anni, scesi in piazza come tutti quando la radio diede l´annuncio. Parlava dell´orgoglio sovietico. E io mi sentivo più orgogliosa di tutti. Avevamo giocato, insieme, pescato i gamberi nel fiume. Eravamo andati tutti nello Spazio quella mattina».
Il viaggio durò appena un´ora e 48 minuti ma dietro gli oblò della Vostok 1, sembrò molto più lungo. Gagarin rimase sempre concentrato sul pannello di controllo sul quale avrebbe dovuto intervenire in caso di guasto. Nel fondo della navicella, come nel bagagliaio di un´auto a un picnic, c´era una scorta di tubetti contenenti misteriose paste simili a dentifricio. Erano i primi tentativi di cibo spaziale da usare nel caso di mancato funzionamento dei retrorazzi. I tecnici avevano calcolato che, in quella circostanza, la Vostok sarebbe rientrata in maniera "naturale" solo dopo dieci giorni. Ma non sapevano bene né come né dove. I tubetti, mai aperti, sono in mostra al museo di Gagarin. Furono tra gli oggetti che l´eroe fu più felice di donare ai posteri. Nel viaggio ebbe modo di dire cose che avremmo sentito da decine di astronauti ma che allora nessuno immaginava: «Sapevate che la Terra è blu? È una cosa straordinaria». Tono tranquillo da pilota che sa controllare le emozioni ma che cambiò nella fase di rientro. Pochi minuti difficili in cui ci furono problemi di sganciamento della parte strumentale che doveva alleggerire la navicella nel suo tuffo verso la Terra. Dondolii e oscillazioni terrificanti. Gagarin deve aver pensato ai suoi predecessori. Alla cagnetta Laika, destinata a morire, nello Sputnik 2 del 1957. Alle più fortunate bastardine Belka e Strelka rientrate sane e salve l´anno prima. E soprattutto a Ivan Ivanovic Secondo, il manichino a sembianze umane lanciato poco più di un mese prima, ultima simulazione in vista della storica missione. Ma la paura finì presto. A 7000 metri dal suolo, Gagarin fece l´unico gesto autonomo di tutta la missione. Azionò il seggiolino eiettabile e fu accompagnato da un paracadute rosso fino alle campagne a 30 chilometri dalla città di Engels.
A Gagarin gorod celebrano ancora il dopo. La casa che il governo regalò ai genitori. Appartamentino modesto ma con telefono e tv mai visti prima nella campagna sovietica. La Volga nera, auto da pezzi grossi del Partito, con cui Gagarin veniva spesso a trovare gli amici. Elèna si commuove: «Mai un attimo di arroganza, veniva a pescare anche quando fu nominato eroe dell´Unione sovietica». Il museo esalta i viaggi in cui l´eroe esportò la gloria patria. Il bacio della Lollobrigida a un festival del cinema. La foto del primo incontro con Krusciov, Gagarin in alta uniforme sul tappeto rosso. E le custodi ti indicano intenerite il particolare della scarpa destra slacciata: «Poverino era stanco, non era uno da cerimonie». E si glissa sulla parte più dolorosa. La strana storia della Soyuz 1, soprannominata «la bara volante» per i troppi errori di progettazione.
Un Gagarin stanco di cerimonie voleva andarci a tutti i costi. Fu nominato solo supplente di Vladimir Komarov che si schiantò in atterraggio pochi mesi dopo. Scioccato più dal rifiuto che dallo scampato pericolo tornò a volare sui Mig morendo in un incidente ancora molto discusso appena un anno dopo, il 27 marzo del ´68. Ma a Gagarin gorod il tempo si è fermato a quel 12 aprile. Quest´anno festa con giochi in piazza, alberi della cuccagna, e corse sui trampoli. E poi tutti a Klushino per un sorso di acqua miracolosa.