Roberto Rizzo, Corriere della Sera 3/4/2011, 3 aprile 2011
Quella volta che chiamò Mina, il più classico degli equivoci: «Squilla il telefono, rispondo e dall’altra parte del filo sento: "Buongiorno, sono Mina Mazzini"
Quella volta che chiamò Mina, il più classico degli equivoci: «Squilla il telefono, rispondo e dall’altra parte del filo sento: "Buongiorno, sono Mina Mazzini". Risposta: "Certo, e io sono Ludovico Ariosto". Da lì abbiamo iniziato a collaborare per le sue copertine; la più famosa è quella dell’album Salomè con Mina barbuta» . Poi, c’è la superstizione del soprano Mirella Freni: «Debuttava nella Manon Lescaut a Barcellona. Arrivo da Torino con una quindicina di parrucche. Le prova tutte, mi riempie di complimenti, poi, da un sacchetto di plastica tira fuori una specie di topo... Era il suo portafortuna e andò in scena con quella orribile parrucca» . Oppure i capricci di Katia Ricciarelli: «Era meglio starle lontano prima di un debutto, urla e strepiti contro tutto e tutti. Ci metteva un secondo a mandarti a quel paese» . Ancora: «Con Luciano Pavarotti ho avuto sempre un rapporto complicato, al contrario di Placido Domingo con il quale ho collaborato a lungo con reciproco rispetto» . La rivalità tra Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi durante la tournée del musical A qualcuno piace caldo: «Due ossi duri, litigavano per chi, in scena, dovesse risultare più femminile. Un’impresa perché né l’uno né l’altro hanno i lineamenti del volto che si prestano per trasformarsi in una bella donna» . Aneddoti e ricordi di Mario Audello, 64 anni, uno degli ultimi maestri. parruccai d’Italia, di certo, il più celebre. Il suo laboratorio rifornisce «l’ 80 per cento dei teatri lirici italiani. La Scala e il Piccolo di Milano, il Regio di Torino, il San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia, il Maggio Musicale fiorentino» . Non solo. Le sue creazioni, compresi i cosiddetti posticci (barbe, baffi, basette) vanno in scena anche all’Opéra di Parigi («Sono il fornitore ufficiale» ), al Liceu di Barcellona, al Teatro Real di Madrid. I musical («Tutti quelli prodotti dalla Compagnia della Rancia, da Grease a Cats e Hello Dolly» ), la carriera seguita, parrucca dopo parrucca, di attrici come Annamaria Guarneri, Valeria Moriconi, Mariangela Melato. Dal teatro al cinema: tutta la saga di Asterix («Ora stiamo lavorando sul set del quarto episodio della serie, Asterix e Obelix. Dio salvi la Britannia con Catherine Deneuve» ), ai complimenti di Fanny Ardant ai tempi di Le Libertin, la pazienza e i modi gentili di Alain Delon durante le riprese de Il ritorno di Casanova, film del 1991, passando per i comici Aldo, Giovanni e Giacomo (La leggenda di Al, John e Jack) e il Cetto La Qualunque di Antonio Albanese. Senza dimenticare la tv: l’elenco è lunghissimo, basta dire che Paola Cortellesi, a Zelig, non può prescindere dalle parrucche di Audello per le sue imitazioni del sindaco Letizia Moratti o del sottosegretario Daniela Santanchè. Via Mercanti, nel cuore di Torino. Qui ha sede, dal 1967, il laboratorio del maestro parruccaio. Ci lavorano 18 persone, più della metà sono uomini, che passano le loro giornate a «piccare» , cioè implantare, capelli veri o finti per realizzare capigliature di ogni foggia, colore e stile. Mario Audello lavorava in Fiat: «Dopo il diploma da perito elettronico sono rimasto in Fiat per cinque anni ma la passione per le parrucche è nata ben prima che mi occupassi di diodi e transistor. È successo per caso, un giorno capitai in un piccolo negozio, cercavo due parrucche del ’ 700 per me e mia sorella, dovevamo andare ad un ballo in maschera. Finita la festa ho impiegato due mesi per rendere quelle parrucche, non riuscivo a staccarmi. Fu una folgorazione, come innamorarsi e, in effetti, le parrucche sono il mio più grande amore. Frequentavo ancora la scuola, alle quattro del pomeriggio finivo le lezioni e andavo in questo negozio ad imparare il mestiere. La titolare si chiamava Bertone e aveva una clientela composta da tre vecchiette spelacchiate e qualche travestito» . Nulla di promettente fino a quando, all’improvviso, la parrucca diventa di moda. «Avevo già lasciato la Fiat, dando un grande dispiacere a mio padre, per buttarmi in questo lavoro. Di punto in bianco, a metà anni Sessanta, ogni signora che potesse ritenersi tale doveva avere nel guardaroba tre o quattro parrucche. Impensabile andare a una cena o a una festa con i propri capelli. In quel periodo conobbi Carlo Montanella, all’epoca il parrucchiere più famoso della città. Iniziai a lavorare per lui, riempimmo la città di parrucche. Tutta l’alta borghesia sabauda si serviva da noi» . La moda dà, la moda toglie. «Nel 1967 apro il laboratorio con tre lavoranti. Anni meravigliosi ma, all’improvviso, ancora una volta cambia tutto. Estate 1973, la parrucca è out, non se ne deve neanche parlare. I clienti smettono di chiamare e fare ordini, qualcuno addirittura mi offre di ricomprare quel che gli avevo venduto» . Mario Audello non si perde d’animo: «Parto, destinazione Parigi. Vado a imparare la tecnica teatrale, un lavoro completamente diverso rispetto a quello che avevo fatto fino a quel momento. Facevo la spola con la Francia, quel che apprendevo lo insegnavo ai miei collaboratori. Quando mi sento sicuro mi presento da Giuseppe Erba, l’allora sovrintendente del Teatro Regio di Torino che, per le parrucche, si riforniva da una ditta di Napoli. Mi diede una possibilità, l’ho afferrata al volo e oggi sono il parruccaio di tutti i teatri lirici italiani» . Ogni anno il laboratorio Audello vende un migliaio di parrucche. «Ma il grosso del lavoro riguarda il noleggio, almeno 7 mila pezzi a stagione» . Il costo medio di una parrucca è di 800 euro. «I capelli veri arrivano prevalentemente dall’India, ma cresce la produzione di Paesi come Messico e Argentina. La Cina? No, i capelli cinesi non vanno bene, sembrano spaghetti, sono impossibili da lavorare. Quelli finti sono in elura, una fibra che arriva dal Giappone molto simile al capello naturale. Perfetta per il teatro e per il cinema, molto resistente» . Oltre allo spettacolo, il 10 per cento della produzione è rivolta a pazienti in chemioterapia. Da poco il ministero della Sanità argentino ha coinvolto Mario Audello come consulente per un progetto che garantirà, a chi è sottoposto a terapia, parrucche gratuite tramite la mutua: «È un progetto affascinante e di grande civiltà che seguo gratuitamente. Insieme agli argentini, l’estate scorsa sono andato in Cina per prendere accordi con dei fornitori locali. L’importante è avere il materiale al miglior prezzo possibile. Io insegno loro la tecnica e a fine anno mi recherò in Argentina per avviare l’iniziativa» . Il parruccaio torinese ha un cruccio, più di quarant’anni di lavoro e la difficoltà di trasmettere questo mestiere: «Di recente ho messo un’inserzione su Facebook per offrire stage a dei giovani desiderosi di imparare. Invece, chi ha risposto era solo interessato al guadagno... Io ho fatto apprendistato, gratis, per cinque anni prima di vedere un centesimo. Ritengo che, in qualsiasi professione, per arrivare al successo sia necessaria tanta passione. Senza quella si fa poca strada, anche con le parrucche» . Tra le tante teste su cui il torinese Mario Audello ha messo le mani, manca qualcuno: «Gina Lollobrigida. In pubblico indossa sempre parrucche, così come Sophia Loren. Ma la Loren usa degli ottimi prodotti, ben confezionati, che le donano. La Lollo invece fa l’effetto di un lampadario. Un peccato perché è un personaggio entrato nel mito, mi piacerebbe regalargliene una» . E gli uomini? «George Clooney, ha una testa magnifica, con una curva dell’osso occipitale perfetta. Lavorare per lui sarebbe il degno coronamento della mia carriera» . © RIPRODUZIONE RISERVATA