M. Ne., Corriere della Sera 01/04/2011, 1 aprile 2011
QUANDO ANCHE RADIO LONDRA ELOGIO’ I PARA’ —
Forse l’elogio più bello rimane quello di Radio Londra che, nel 1942, al termine della terribile battaglia di El Alamein, diffuse un messaggio pieno di ammirazione. «I resti della divisione Folgore — annunciò lo speaker — hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane» . In queste parole c’è tutto lo spirito che anima i parà della Folgore, coraggio estremo, determinazione, volontà di ferro. A El Alamein, i superstiti, privi di viveri e munizioni, si arresero senza alzare le mani e senza mostrare bandiera bianca. Gli inglesi in segno di rispetto concessero loro l’onore delle armi. I primi nuclei di quella che diventerà una brigata nacquero proprio nel deserto africano e vennero battezzati Fanti dell’aria, uomini che piombavano sul nemico «come folgore dal cielo» . Nel dopoguerra i parà si sono distinti in varie missioni di pace all’estero. A cominciare da quella in Libano nel 1982 che, come racconta il comandante dell’operazione, il generale Franco Angioni, «fu la prima volta che mettemmo la testa fuori dopo la sconfitta della Seconda guerra mondiale, e ce la cavammo alla grande» . Meno felice la spedizione del 1993 in Somalia, la famosa missione «Restore Hope» , che per gli italiani si concluse con uno scandalo e inchieste giudiziarie, in seguito alle quali ci rimisero la carriera due brillanti generali. Tutte le missioni successive alle quali ha partecipato l’Italia hanno visto in prima fila i parà. Dall’Iraq all’Afghanistan, è risuonato il grido «Folgore!» con cui i militari si danno la carica. Oggi la brigata è composta da tre reggimenti d’arma, un reggimento acquisizioni obiettivi, un reggimento guastatori e un reggimento d’assalto, il mitico Col Moschin, un reparto speciale che ci viene invidiato dagli ufficiali dei contingenti degli altri Paesi. I parà sono uomini che hanno sposato la loro professione. Gente che crede fortemente nel proprio ruolo. E in virtù di questa loro determinazione sono riusciti a farsi ammettere in reparti dove non è facile entrare. Non basta il coraggio e la prestanza fisica. Vengono richieste anche doti di equilibrio psicologico, ed è indispensabile manifestare un carattere solido, capace di sopportare anche avversità drammatiche. Come in tutte le Forze armate, in mezzo ai ranghi dei parà sono arrivate le donne. E sembrano perfino più volitive e grintose degli uomini. «Al primo lancio mi sono trovata in paradiso, solo io e il cielo» , ha raccontato una di loro. Al cielo i parà si rivolgono invocando il loro protettore San Michele Arcangelo che con la spada sguainata colpisce anche lui «come folgore» . Fanno però affidamento anche su un secondo nume tutelare, una suora divenuta santa, Gemma Galgani. All’inizio della Seconda guerra mondiale, le suore del convento di Tarquinia furono incaricate di cucire gli stemmi sulle divise dei parà che partivano per la guerra. Preoccupate per il pericolo al quale quei giovani si esponevano, le suore cucirono negli stemmi reliquie della santa, come scudo protettivo. In seguito la Folgore ha accolto santa Gemma Galgani come patrona del corpo.
M. Ne.