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 2011  aprile 01 Venerdì calendario

Gli insulti sono permessi? - In questi giorni sono volati insulti alla Camera, anche all’indirizzo del Presidente

Gli insulti sono permessi? - In questi giorni sono volati insulti alla Camera, anche all’indirizzo del Presidente. Ma si può eccedere nel linguaggio quando si siede in Parlamento? La risposta è scontata: no, non è consentito e il regolamento della Camera, al Capo XI, dà precise indicazioni sul contegno che i deputati debbono tenere e sulle sanzioni in caso di deroga a queste norme. Ci sono stati, in passato, casi analoghi a quelli attuali? Una quantità. Solo per dare un indizio del fenomeno, basta pensare che su YouTube sono registrati 297 video con insulti, gazzarre, disordini e intemperanze varie, registrati presso la Camera dei deputati solo in questa legislatura. A volte si tratta di episodi gravi, altre volte di semplici eccessi verbali. Si pensa che i parlamentari di una volta fossero più formali. E’ così? Amavano meno la visibilità mediatica, forse, ma quanto a gazzarre non ci andavano lisci. Il 3 dicembre del ‘47 - per fare un esempio storico - si discute l’articolo della Costituzione, secondo il quale la forma repubblicana dello Stato non può essere messa in discussione. Si azzuffano comunisti e monarchici. Al monarchico Covelli saltano tre bottoni. Terracini, presidente, a un certo punto sbotta: «Santa miseria!». Altri tempi. Più di recente? I casi forti si contano negli anni di Tangentopoli. Quando la Camera nega l’autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, i leghisti danno dei «ladri, buffoni, venduti» a Dc e Psi. Luca Leoni Orsenigo va oltre: espone un cappio. E l’episodio della mortadella? Si riferisce al 28 gennaio 2008, quando cade il governo Prodi e il parlamentare di An Nino Strano - con riferimento al soprannome «mortadella» dato al presidente del Consiglio ingurgita il salume a favore di telecamera. In questi ultimi anni non sono mancati neppure insulti sgradevoli di evocazione antisemita (attribuiti al senatore Ciarrapico), oppure omofoba (il colpevole sarebbe stato il deputato Storace) o - come quello di ieri - contro la parlamentare Argentin, diversamente abile e per questo bollata come «handicappata del ca ...». I deputati possono essere richiamati e, all’occorrenza, anche puniti quando si comportano in maniera sconveniente? Possono, devono e di fatto vengono richiamati (spesso) e puniti (a volte). Gli articoli tra il 58 e il 62 del regolamento della Camera stabiliscono tutte le procedure del caso. Si va dal richiamo all’espulsione dall’aula, fino alla sospensione dalla funzione. Come avviene questo processo sanzionatorio? L’articolo 59 del regolamento della Camera stabilisce che, se «un deputato pronunzia parole sconvenienti oppure turba con il suo contegno la libertà delle discussioni o l’ordine della seduta, il Presidente lo richiama nominandolo». Se il parlamentare «nominato» persevera, il Presidente lo può allontanare dall’aula per il resto della seduta. E se quello si rifiuta di uscire, «il Presidente sospende la seduta e dà ai deputati Questori le istruzioni necessarie perché i suoi ordini siano eseguiti». E se il parlamentare passa alle vie di fatto? L’articolo 60 del regolamento stabilisce che il Presidente possa proporre all’Ufficio di Presidenza una sospensione da due a 15 giorni. E, se il deputato tenta di rientrare in aula nei giorni interdetti, la pena si raddoppia. Ma queste pene sono state, di fatto, mai applicate? Varie volte. Per esempio l’11 febbraio dello scorso anno una sospensione assai consistente (di 12 e 10 giorni, rispettivamente) è stata comminata a due parlamentari di Idv e Lega (Evangelisti e Ranieri) che si erano esibiti in uno scontro fisico. I parlamentari, tuttavia, vengono sanzionati se chiaramente identificati. Ieri, per esempio, l’insulto alla deputata Argentin è venuto dai banchi della Lega. Ma da chi esattamente? Non si sa. Chi mantiene l’ordine all’interno dell’Aula? Lo dice l’articolo 62: «I poteri necessari per il mantenimento dell’ordine nella Camera spettano alla Camera stessa e sono esercitati in suo nome dal Presidente, che dà alla guardia di servizio gli ordini necessari». La guardia di servizio sono i commessi che tentano, con alterni successi, di contenere le intemperanze dei parlamentari, ma senza l’uso della forza. Carabinieri e polizia non possono entrare in Parlamento, a meno che non siano chiamati dal Presidente e a seduta tolta. Nel caso specifico dell’alterco tra il ministro la Russa e il presidente Fini, che cosa accadrà? Dalla Camera fanno sapere che la situazione è inedita e per questo se ne sta occupando l’ufficio di presidenza. Una decisione dovrebbe essere presa martedì prossimo.