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 2011  aprile 01 Venerdì calendario

Il musical sui mormoni fa impazzire Broadway - La buona notizia è che il super-musical,quello che scatena l’entusiasmo dei critici sofisticati e dei recensori popolari, ha esorditoa Broadway azzerando ogni concorrente

Il musical sui mormoni fa impazzire Broadway - La buona notizia è che il super-musical,quello che scatena l’entusiasmo dei critici sofisticati e dei recensori popolari, ha esorditoa Broadway azzerando ogni concorrente. Si chiama The Book of Mormon , l’hanno creato Trey Parker e Matt Stone, autori dell’esilarante cartoon satirico tv South Park (giunto quest’anno alla 14˚ stagione) e Robert Lopez, compositore della rivista Avenue Q , un trionfo mondiale, ripreso dappertutto (in Italia col titolo finemente ritoccato in Avenue Q, via della Sfiga ); l’ha prodotto Scott Rudin, tra i più potenti tycoon hollywoodiani, già dietro alla versione filmica di South Park . Fantastico spiegamento di forze, ma le forze in campo, quando si tratta di musical - vedi le vicissitudini del recente Spider-Man -, non garantiscono niente. Notizia buonissima, dicevamo. Pure per gli italiani avidi di divertimento in arrivo pasquale a Manhattan, anche se procurarsi i biglietti in loco sarà arduo, e costoso. Nel frattempo, noi vi raccontiamo che cos’è The Book of Mormon e perché piace così tanto. Prima la storia, poi i giudizi. E per raccontare la storia bisogna fare, come si usava una volta, un passo indietro. Indietro fino al 1823 nella cittadina di Manchester, Stato di New York, dove vive un ragazzo di 18 anni, Joseph Smith Jr., di famiglia contadina e di professione «veggente». Sostiene di saper leggere in certe pietre magiche le indicazioni necessarie a trovare ricchezze sepolte. I vicini ricorrono a lui per le loro cacce al tesoro (senza successo, pare), ma il tesoro più grande viene rivelato al fervido Smith non da una pietra ma da un angelo. Abbagliante nella sua tunica candida, l’alata visione gli mostra il luogo dov’è nascosto un libro dalle pagine d’oro che narra la storia religiosa dell’antica gente d’America. L’angelo si chiama Moroni (avete letto bene, Moroni), le auree pagine gliele lascerà tradurre ma non gli permetterà di portarle via. Finito il lavoro se le farà riconsegnare, e chi s’è visto s’è visto. Intanto però Joseph, in quelle pagine scritte in «egiziano riformato» e che lui ha trascrittoin inglese leggendo la traduzione sulle sue pietre magiche, ha trovato l’interpretazione definitiva del Vangelo e l’annuncio di una nuova Chiesa. La sua versione, col titolo The Book of Mormon (Mormon è il profeta autore della maggior parte del libro aureo), esce nel 1830. Una storia così, si direbbe, non la beve neppure un bambino. Neanche un selvaggio dell’Africa nera, avrebbero aggiunto i colonialisti di un tempo. E questa è appunto la chiave del musical di cui ci stiamo occupando. Protagonisti due missionari mormoni decisi a esportare la loro fede tra i neri dell’Uganda di oggi, più riottosi alla conversione degli americani di ieri (sono oltre 13 milioni i seguaci della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, questo il nome ufficiale della setta, che ha la sua roccaforte nello Utah). Dissacrante, irriverente oltre la blasfemia, capace di far ridere fino alle lacrime, di palese attualità nello sfottimento feroce della dabbeneggine religiosa (e dietro la dabbenaggine c’è lo spettro del fanatismo), The Book of Mormon scrivono i giornali americani - ha anche la leggerezza scatenata, l’eleganza irruente dei grandi musical del passato nelle coreografie e nella partitura, che citano addirittura classici come The King and I con esplicita civetteria. Resta il fatto, comunque, che siamo di fronte a un preclaro esempio di «scherza coi fanti e lascia stare i santi». Come osserva Maureen Dowd sul New York Times , un musical intitolato The Book of Islam non sarebbe mai potuto andare in scena.