Massimo Martinelli, Il Messaggero 1/4/2011, 1 aprile 2011
PACCO BOMBA IN CASERMA GRAVE COLONNELLO DEI PARÀ
Gli obiettivi sono quelli di sempre, ma stavolta c’è stato il salto di qualità nell’esecuzione. Gli analisti dell’Intelligence si rigirano nelle mani l’ultimo rapporto dei colleghi operativi, che segnalava una effervescenza improvvisa nei centri anarchici del centro Italia. E prendono atto che stavolta, al posto del dilettantismo che fino a ieri aveva caratterizzato le azioni del Fronte Anarchico Informale, c’è stata una pianificazione militaresca per eludere controlli e cautele. Gli attentatori avevano un obbiettivo preciso, il tenente colonnello Albamonte. E lo hanno ingannato indicando sulla busta un mittente rassicurante.
Uno come lui, magari lo immaginava pure di essere nel mirino. Perchè il tenente colonnello Alessandro Albamonte era stato comandante della Task Force Election che vigilava sul regolare svolgimento delle elezioni in Afghanistan; poi aveva operato nella Zeerko Valley, una delle zone più pericolose di quel teatro di guerra. E probabilmente aveva lo zaino pronto per ripartire, non appena sarebbe stato richiesto dal ministero a Roma. Eppure gli anarchici lo hanno colpito in una caserma come la Ruspoli di Livorno, sede del distaccamento della Folgore che ha operato in Afghanistan, dove l’allarme dei nostri servizi segreti sulla ripresa delle attività eversive degli anarchici era arrivato nelle scorse settimane. E dove una busta esplosiva ”grezza” come quelle inviate nelle ambasciate nel dicembre scorso, nella fureria della Ruspoli non l’avrebbero aperta mai. Gli anarchici lo sapevano, ma questo non è il dettaglio più inquietante. Piuttosto conoscevano l’obbiettivo-simbolo, che ci ha rimesso tre dita e ha rischiato di perdere la vista. E la busta l’hanno inviata a lui, con nome e cognome. Forse annotando come mittente un ente ”istituzionale”, oppure il nome di un commilitone conosciuto. Con la ragionevole certezza che l’avrebbe aperta prendendo poche cautele.
Una tecnica del genere la utilizzarono i cani sciolti delle ultime brigate rosse, nel 2002. Cominciarono a spedire volantini di minaccia alle persone più disparate (giornalisti, parlamentari, investigatori) in buste che indicavano mittenti rassicuranti, colleghi o amici; ne ricevette uno persino il ministro dell’Interno dell’epoca, Claudio Scajola.
La scelta dell’obiettivo militare, invece, è in linea con la strategia scellerata degli anarchici italiani, svizzeri e greci, che ieri hanno cercato di guadagnarsi un fetta di palcoscenico anche con la lettera esplosiva inviata alla federazione dell’industria nucleare svizzera, la Swissneclear di Olten, che ha provocato due feriti, e quella arrivata al direttore del carcere greco di Koridallos, che è stata disinnescata. La matrice è identica, perchè per la busta bloccata in Grecia era indicato un mittente ”rassicurante”: l’Eurofor, cioè la forza operativa europea di reazione rapida, nata nel 1995 e composta da Italia, Spagna, Portogallo e Francia, che ha il comando a Firenze, in via Aretina 354, come era scritto correttamente sul pacco. E secondo le prime indiscrezioni, anche il tenente colonnello Albamonte sarebbe stato tratto in inganno da un mittente del genere. Toscana anche la provenienza: perchè il timbro postale (autentico) è di un ufficio di Firenze.
Infine, l’eplosivo. Era liquido, probabilmente di quelli che certi terroristi islamici hanno provato a utilizzare per attentati sui voli di linea. Niente di sofisticato, però: i componenti per provocare quella che gli artificieri chiamano ”fireball”, palla di fuoco, si comprano al ferramenta: sono sostanze di uso domestico, come l’acetone, l’ammoniaca, i diserbanti, l’acqua ossigenata, la varechina. Qualche anno fa ci provò un tale Abdul Faruk Abdulmutallab su un volo Delta Airlines, ma la bomba gli scoppiò addosso e si ustionò le gambe. L’aveva costruita guardando con le istruzioni di internet; i suoi eredi del Fai hanno imparato a farla meglio.
Massimo Martinelli